MARIO RIVERO
POESIE DELL’INVERNO, VI
Vieni dunque inverno,
bianco e gelido inverno.
Non c'è nessuno. Nulla e nessuno che possa consolare.
Non arriva nessuna che si adoperi per quello.
Soltanto una piccola farfalla,
che scuote le ali, smarrita, spinta dal vento,
svolazza da una parte all'altra.
Fa freddo nella stanza.
Ascolto filare la pioggia, la brillante filandaia
con le sue dita sottilissime...
Respiro la noia,
non respiro più l'anelito.
Vieni e prendimi, inverno!
Questa non può essere la tua mano, eppure lo è.
Il tuo bianco petto... e io ci sto così vicino.
(da Poesie dell’inverno, 1984 – Traduzione di Martha Canfield))
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È sulla transitorietà del tempo, ma soprattutto sulla sua ineluttabilità che il poeta colombiano Mario Rivero pone l’accento: non è una resa, un abbandono simile a quello dei soldati italiani che nella ritirata del 1943 si lasciavano andare all’inedia e alla morte nella gelida steppa russa, è piuttosto una serena accettazione.
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FOTOGRAFIA © JYUN OGAWA/MINDEN PICTURES
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LA FRASE DEL GIORNO
L’inverno è solo un ospite sgradito che serve soltanto a ricordarci quello che ci manca.
SHAINEE GABEL, Una canzone per Bobby Long
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