LUIGI FALLACARA
ESTIVA
T’avanzi, estate, e questa lancia d’oro
che batte sopra l’acqua e la trafora
fa trasparente il fiume e le sue vene,
rivela i fondi fluidi e le arene.
Più avanti del tuo raggio non esiste
dardo che sempre scocchi, dardo antico,
se non questo cadere sempre in bilico
nei fiori dove l’ombra è un tuo colore;
se non questo franare nella vista
del tuo eterno pulviscolo ametista.
Tu sulla terra getti
quest’astro, questa vetta,
e i terrestri profumi
in ardori consumi.
Ombre rosee, ombre azzurre,
ombre dentro un sussurro,
altri cieli, altri voli,
forse altre parole,
forse un altro futuro
che eternamente dura,
forse soltanto questo
lampo che il cielo arresta.
(da Il mio giorno s’illumina, 1957)
.
Il poeta barese Luigi Fallacara prova a coniugare nei suoi versi l’eterno e il sensibile. Riesce a cogliere questa mistica purezza nella luce dell’estate, nei raggi di sole che illuminano l’acqua di un fiume facendo risaltare il fondale, in quelli che rendono visibile il pulviscolo nell’aria di una stanza, nelle ombre che non sono buie ma si tingono di toni altrimenti impercettibili.
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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA
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LA FRASE DEL GIORNO
Ama il raggio posarsi eppoi fuggire, / tingere d’oro il cielo eppoi lasciare / d’ombre distese nell’azzurro ali.
LUIGI FALLACARA, Il Frutto del Tempo
Luigi Fallacara (Bari, 13 aprile 1890 – Firenze, 15 ottobre 1963), poeta e scrittore italiano. Attivo nelle avanguardie letterarie del primo ‘900, scrisse su Lacerba. Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale approda alla fede cattolica, vivendo per sei anni ad Assisi e maturando dalla meditazione su San Francesco la sua poesia metafisica confluita in un lirismo mistico che canta l’amore per tutte le creature.
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