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lunedì 26 gennaio 2009

L'ultima notte


"L'ultima battaglia della nostra ritirata di Russia, la battaglia della disperazione e della salvezza per sfondare lo sbarramento sovietico a Nikolajewka, iniziò all'una di notte del 26 gennaio 1943".
NUTO REVELLI, La Stampa, 23 gennaio 1963

Il 26 gennaio 1943 è una data sacra per gli Alpini: è il lunghissimo giorno in cui, dopo dieci giorni di marcia nel gelo della steppa ucraina, riuscirono a sfondare la linea nemica al ponte della ferrovia di Nikolajewka e a uscire dalla sacca in cui si erano trovati rinchiusi. È una battaglia di un'epica antica, rivestita di follia e di coraggio.

Ne avevo già parlato lo scorso anno, in occasione del 65° anniversario. Ora voglio inquadrare quell'evento partendo da un diverso punto di vista, un canto. Si tratta di un brano del repertorio dei Crodaioli, scritto da Carlo Geminiani sulla base dei testi di Giulio Bedeschi e musicato dal maestro Bepi De Marzi:


L'ULTIMA NOTTE

Era la notte bianca di Natale
ed era l’ultima notte degli alpini;
silenzioso come frullo d’ale
c’era il fuoco grande nei camini.

Nella pianura grande e sconfinata
e lungo il fiume - parea come un lamento -
una nenia triste e desolata
che piangeva sull’alito del vento.

Cammina cammina
la casa è lontana
la morte è vicina
e c’è una campana
che suona, che suona:
Din don, dan...
Che suona, che suona:
Din don, dan...

(Recitato)
Mormorando, stremata, centomila
voci stanche di un coro che si perde
fino al cielo, avanzava in lunga fila
la marcia dei fantasmi in grigioverde.
Non è il sole che illumina gli stanchi
gigli di neve sulla terra rossa.
Gli alpini vanno come angeli bianchi
e ad ogni passo coprono una fossa.

(Cantato)
Tutto ora tace. A illuminar la neve
neppure s’alza l’ombra di una voce
lo zaino è divenuto un peso greve;
ora l’arma s’è mutata in croce.

Lungo le piste sporche e insanguinate
son mille e mille croci degli alpini,
cantate piano, non li disturbate,
ora dormono il sonno dei bambini.

Cammina cammina
la guerra è lontana
la casa è vicina
e c’è una campana
che suona, ma piano:
Din, don, dan...
Che suona, ma piano:
Din, don, dan...



Esecuzione: Coro Monte Pasubio


Ci sono periodi come questo, nel quale la ascolto abbastanza spesso: non riesco a non pensare alle enormi sofferenze che patirono quei giovani italiani, acuite dalla sprovvedutezza del governo fascista. Non erano equipaggiati, non erano adatti a quel terreno pianeggiante, non era colpa loro se l'Italia era alleata della Germania e Mussolini non perdeva occasione di compiacere Hitler, trovatosi impantanato nell'inverno russo come già Napoleone. Dalle trincee scavate nel ghiaccio ma riscaldate in riva al Don, dove si trovavano il 16 gennaio - a Novo Kalitva, a Kulakovka, a Pavlovsk, a Belogorie, a Karabut - questa massa di soldati in ritirata nell'inferno bianco percorse centinaia e centinaia di chilometri, un passo dopo l'altro nella tormenta a - 30 gradi, "le barbe lunghe incrostate di ghiaccio, gli occhi cisposi", come racconta Egisto Corradi.


Ascolto "L'ultima notte" e cammino anch'io con quei soldati, con i sergenti e i capitani che ancora incitano a resistere, con chi ha perso il suo plotone ed è sbandato, con la coperta troppo leggera sulle spalle e un bastone in mano, con il fucile che sega il braccio. Cammino e guardo chi si è fermato per sempre bocconi nella neve sognando l'Italia lontana, chi dà fuori di matto e gioca con la rivoltella, chi butta via tutte le scartoffie della fureria che portava sulla slitta e ci mette i feriti, li copre come può e li trasporta aiutato dal mulo fedele. Centomila, forse più, in marcia nel deserto bianco, tra un giorno e l'altro, tra una notte e l'altra, un po' di riposo in un'isba affollata, a litigare con i tedeschi che vogliono per loro i posti migliori. E poi gli scontri con i partigiani russi, il parabellum e la stufa, il grasso dei mitragliatori.

Nella testa un pensiero solo: casa. La casa, l'Italia, le valli di montagna, i paesi di campagna, le città. La mamma, la moglie, la fidanzata. Casa. Per andare avanti, per non fermarsi e diventare un'altra croce che poi i girasoli copriranno nell'estate russa.

E alla fine, dopo l'ultimo combattimento a Nikolajewka, che oggi è un misero villaggio chiamato Livenka, ecco la meta: C'è il generale Reverberi in piedi su un cingolato tedesco a salutare gli eroici superstiti. Eroici perché sono rimasti vivi: il bollettino delle autorità russe lo conferma: "Il Corpo d'Armato Alpina deve considerarsi imbattuto in terra di Russia". Erano partiti in 60.000, ne sono tornati solo 12.000. Ma ce n'è di strada da percorrere: prima a piedi nella campagna Ucraina, poi sui camion, infine sui treni, per poter arrivare in Italia, a Bolzano, e non essere neanche ringraziati...




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LA FRASE DEL GIORNO
Ma, in una dura giornata di guerra, io credo fermamente di averti intravisto o Signore. Era un ferito grave e già presso a morire. Quando gli tolsero adagio, devotamente, la giubba lacera e sporca apparve la veste atroce e gioconda del sangue che, come un velo liquido e vivo, gli fasciava e rendeva brillanti le membra vigorose e straziate.
Senza parlare mi guardò. I suoi occhi erano colmi di dolore e di pietà, di volontà decisa e di dolcezza infantile. Al fondo vi tremava, attenuandosi, la luce di visioni beate e lontane. Come di bimbo che si addormenta poco a poco. Non altrimenti dovette guardare Gesù dall'altro della croce.

DON CARLO GNOCCHI, Penna nera delle Grigne 140-141, aprile-maggio 1966

3 commenti:

  1. "Da brivido" in senso lato oltre che fisico...
    Grazie, per avere condiviso qui questi tuoi pensieri. Tutti conosciamo la storia della triste campagna di Russia - ma io non conoscevo affatto la penna di don Gnocchi: ne sono rimasta folgorata, Daniele.

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  2. È un canto abbastanza recente, ma davvero da brividi: tutte le volte che mi capita di ascoltarlo dal vivo mi si accappona la pelle. Poi subentra la rabbia per come vennero trattati i reduci dalla nuova Italia. E questo purtroppo è diventato un marchio di fabbrica della nostra Nazione.


    Altre letture di Don Gnocchi e altri autori sulla drammatica ritirata di Russia a questo indirizzo: http://www.inpuntadivibram.it/lettura.htm

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  3. Grazie nonno ciccio x le tue forze. Le tue gambe 2 blocchi di ghiaccio e sei tornato, senza gambe ma sei tornato . Tvb tuo ciccio ippolito

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