JUAN GELMAN
NOBILTÀ
La poesia è pallida e nobile.
Non cambia niente, non incurva colline, non
dà un solo frutto rosso, non
fa il rumore di chi strappa
un pezzo di pane per offrire
un pezzo di pane.
Si rannicchia in un angolo e
non si lamenta.
Vive in tutto ciò che si innalza
all'aria e dal nascere.
Non chiede nemmeno una visita.
Le basta quel che non è successo.
(da Nel rovescio del mondo, 2003)
Il 23 aprile, durante la cerimonia solenne del Paraninfo dell’Università di Alcalá de Henares, il poeta argentino Juan Gelman ha ricevuto il Premio Cervantes, consegnatogli dal re di Spagna Juan Carlos. Gelman ha posto al re una domanda: «Perché è necessario un poeta in tempi di miseria?».
Juan Carlos di Borbone ha avuto una settimana per meditare una risposta. il 30 aprile, durante la cena in omaggio del vincitore, al brindisi di saluto per l’anziano poeta, ha replicato: «A cosa serve la letteratura quando in ogni parte del mondo si moltiplicano gravi problemi che ci angosciano? La letteratura serve a difendere l’utopia, diritto inalienabile di tutti e, principalmente, dei più bisognosi; per alimentare, anche, gli aneliti di libertà e giustizia, e i valori che le rendono possibili». «La letteratura è, infine, necessaria», ha aggiunto il re «perché alla parola mancano molte cose, che illumina nominandole».
Che se altri richiedesse se la poesia sia utile o no, io a questo risponderei ch’ella non è già necessaria come il pane, nè utile come l’asino o il bue; ma che, con tutto ciò, bene usata, può essere d’un vantaggio considerevole alla società. E, benchè io sia d’opinione che l’instituto del poeta non sia di giovare direttamente, ma di dilettare, nulladimeno son persuaso che il poeta possa, volendo, giovare assaissimo. Lascio che tutto ciò che ne reca onesto piacere si può veramente dire a noi vantaggioso; conciossiachè, essendo certo che utile è ciò che contribuisce a render l’uomo felice, utili a ragione si posson chiamare quell’arti che contribuiscono a renderne felici col dilettarci in alcuni momenti della nostra vita.
Ma l’impertinente, l’esule Juan Gelman che ha posto la domanda, cosa pensa della poesia? Lo dice al "Secolo XIX", in un’intervista del 2003:
Credo che l'unico tema della poesia sia la poesia stessa. Chiedere all'atto poetico una funzione politica non ha ragion d'essere. Se la poesia deve assolvere a una funzione “sociale”, questa risiede nella difesa della memoria. Quando si tenta di cancellarla, così come hanno tentato di fare i regimi militari sudamericani nel corso di questo tormentato mezzo secolo, si crea un vuoto che cancella il senso di appartenenza alla realtà sociale. La poesia ha il potere di riempire questo vuoto. Per questo è, io credo, una delle più grandi ricchezze che l'umanità possiede. Spesso senza avvedersene.
Insomma, Gelman pensa che sia un’elevazione, un ascendere superiore alle miserie del mondo che può sollevare anche chi la fa e chi la legge.
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LA FRASE DEL GIORNO
Di fronte alla stupidità la ragione è impotente. Non ha nulla da smascherare.
MILAN KUNDERA, Il sipario
Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.
stai leggendo Luzi!!!! La mia copia conserva la sua dedica .Il Poeta ha redatto con grafia incerta le onde del mio nome..era già vecchio, solo 5 mesi di vita davanti..
RispondiEliminaLe Sue/mie poesie più belle: Aprile- Amore, Come tu vuoi, e Augurio:"Sia grazia essere qui, nel giusto della vita, nell'opera del mondo. Sia così"..
sublime
ma poi scorri subito a pag 367:
Il pensiero fluttuante della felicità:
"Dammi tu il mio sorso di felicità prima che sia tardi"....
non trovi così umano questo urlo??
ed è il senso preciso del legame fra l'uomo e la donna quello a pag 376: nitore di mandorla mondata...
è questo il genio del poeta: quello di descrivere i cunicoli della nostra anima
diletta
Luzi è un poeta che ho sempre apprezzato, per quel suo stile asciutto ma incisivo, per quella capacità di "fotografare" la vita. Avevo letto l'anno scorso le opere teatrali e la Passione. Dopo aver piluccato le sue poesie qua e là, ho deciso di leggerlo in modo più completo, anche per impararne lo stile.
RispondiEliminaMi sono segnato i suggerimenti... poi vado a leggerli. Grazie.
Daniele
lu(z)i ha dentro tutta la struggenza di montale, ma il suo grido di dolore e significanza ha già la certezza della risposta, è imbibito di speranza: l'esistenza dell'uomo non è mai invano, nessuna decadénce
RispondiEliminaSì, è il senso del mistico a portare Luzi verso la speranza (la "salvezza"). La rivelazione appare anche nelle opere di teatro, che poi non sono che poesie lunghe. Direi che è un'apertura che gli si manifesta in particolare intorno ai quarant'anni, dopo "Quaderno gotico", fino a confluire nell'idea del "Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini"
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