JOAN MARGARIT
LETTURA
Entro in altre vite.
Sono giorni che leggo, ma ora
alzo gli occhi perché mi rendo conto
che non so quasi nulla di chi ha scritto il libro.
Mi vergogno di non sapere
altro che la sua chiarezza. Tutta la sopravvivenza
è questo tipo di conversazione
silenziosa e senza tempo. È una cosa spaventosa
e avviene nell'abisso della mente,
un freddo cielo azzurro in cui l'amore
è l'unica forma di posterità.
(da Non era lontano, non era difficile, 2010)
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Come scrisse J.D. Salinger nel Giovane Holden: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. Leggere, come nota il poeta catalano Joan Margarit, è davvero penetrare anche per poco nelle vite altrui, nella mente altrui: la parola è la chiave che ci viene concessa dallo scrittore per aggirarci nelle sue stanze, e al contempo è il grimaldello che ci permette di evadere dalle nostre stanze, di costruire altri edifici consentendo al testo di sopravvivere.
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ISAAC ISRAELS, "RAGAZZA CHE LEGGE SUL DIVANO"
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LA FRASE DEL GIORNO
Leggere non servì soltanto da risorsa conoscitiva, utile a esplorare, dal fondo del mio pozzo buio, il più che potessi del lontanissimo cielo: significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu, in qualche modo, una pratica cannibalesca.
GESUALDO BUFALINO, Cere perse
Joan Margarit i Consarnau (Sanaüja, 11 maggio 1938 – Sant Just Desvern, 16 febbraio 2021), poeta e architetto catalano. Si definiva poeta bilingue catalano/castigliano, disdegnava le correnti poetiche e considerava il poeta "l’essere più realista e più pragmatico perché beve dalla realtà”.
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