“Dopo I sette contro Tebe non mi è stato permesso di pubblicare per quattordici anni. Nascosto nel seminterrato della Biblioteca Marianao, ho continuato a scrivere il mio romanzo. Dico ‘nascosto’ perché la direttrice, che eseguiva gli ordini, mi osservava attentamente. Non mi lasciava scrivere, ricevere visite e nemmeno rispondere al telefono. Scrivere era l'unica cosa che mi interessava e lo facevo di nascosto quando lei non c'era o si stancava di guardarmi. (…) Ero un tipo pericoloso, 'ideologicamente corrotto', un dissidente convinto e contagioso”: così nel 2014 raccontava a The White Review la vicenda che segnò la sua vita il poeta e drammaturgo cubano Antón Arrufat, scomparso all’Avana il 21 maggio all’età di 87 anni. Lo scandalo fu il ritiro dell’opera – insieme a quella di Heberto Padilla – e la cancellazione del premio José Antonio Ramos in quanto il testo fu ritenuto “ideologicamente malsano” dal regime castrista, ovvero “controrivoluzionario” in quanto parlava di omosessualità. Il suo nome fu cancellato dalle biblioteche, i suoi testi sparirono, la sua “morte civile” fu completata dal divieto di telefonare e di ricevere ospiti. Della sua opera, Mihály Dés scrisse: “Di fronte a folklorismi tropicali e barocchi, Arrufat rappresenta una tradizione classicista appena esistente nella letteratura cubana. Distaccato e ironico, premuroso e spesso allegorico, ha una sensibilità quasi medievale nel cogliere in dettaglio il significato più ampio; nel particolare, il generico”.
.
FOTOGRAFIA © CREART
.
.
ARRIVA IL MOMENTO
Non hai mai voluto ascoltare
il linguaggio degli uccelli.
Ti è mancata la pazienza di ascoltare.
Amavi la città,
la sua fretta, forse il suo canto.
Comunque, sei invecchiato
e gli uccelli continuano
a parlare di te.
La città è diventata muta.
Sdraiati dolcemente,
dolcemente
e infine ascolta.
(da Il vecchio carpentiere, 1999)
.
.
REALTÀ DELLA PAGINA
In un'ora, un minuto, un secondo
— davvero, precisamente, quanto? —,
metto le pietre, costruisco uno stagno,
l’acqua scorre fino a riempirlo,
faccio nuotare i pesci, crescere il muschio,
verdenero lo ripristino,
lo faccio odorare - senza tempo - di marciume,
immobilizzo le acque,
rifletto una stella,
noto l'assenza di alberi,
apro uno spazio su questa linea,
poi pianto un salice e un cipresso
- ricordo di due parole
che Juan Clemente Zenea scelse in carcere.
Con i rami cresciuti tocco l'acqua.
Immune al vento atroce del tempo,
mi siedo sulla riva dello stagno,
lentamente appare il cigno.
(da Il vecchio carpentiere, 1999)
.
.
LA FRASE DEL GIORNO
Beh, spesso mi piace vedere le persone sfocate. Allora, quando tolgo gli occhiali, dico: Adesso mi riposo, sprofondo nel nulla. In altre parole, abbiamo la possibilità di rendere incorporeo ciò che è corporeo. Che è una delle cose che la poesia cerca di fare.
ANTÓN ARRUFAT, Con 2 que se quieren, 16 febbraio 2011
Antón Arrufat Mrad (Santiago di Cuba, 14 agosto 1935 – L’Avana, 21 maggio 2023), poeta, drammaturgo, romanziere e saggista cubano di padre catalano e madre libanese. Nel 1968 fu osteggiato dal regime castrista e gli fu impedito di pubblicare a causa della sua omosessualità. La sua poesia, solitaria e attenta alle piccole cose, ha toni minimali e riflessivi.
Nessun commento:
Posta un commento