Due dei Sonetti spirituali di Juan Ramón Jiménez per questo mese di ottobre: il mistero che si manifesta in piena luce nella caduta delle foglie, nella nudità dei campi ritemprati dall’aratura, traccia i confini della poesia del poeta spagnolo Premio Nobel 1958: l’estasi e la ricerca, la natura e lo spirito.
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FOTOGRAFIA © OLEG SKLYANCHUK/FLICKR
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JUAN RAMÓN JIMÉNEZ
OTTOBRE
Sdraiato sulla terra, là presente.
l’infinito paese castigliano,
che l’autunno avvolgeva nell’arcano
dorato del suo sole all’occidente.
Lento, l’aratro, parallelamente
la zolla apriva, e il seme con la mano
aperta nelle viscere il villano
gettava della terra, onestamente.
Pensai strapparmi il cuore, e là gettarlo,
pieno del suo soffrire alto e profondo,
del tenero terreno nel calore,
per vedere se, infranto, a seminarIo,
la primavera di svelasse al mondo
l’albero puro dell’eterno amore.
(da Sonetti spirituali, 1916)
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JUAN RAMÓN JIMÉNEZ
OTTOBRE II
Nell’acqua calma e nella sua purezza
il sole indora il fiume e i suoi verdini;
le foglie secche vanno e i gelsomini,
gli ultimi, sull’oro con incertezza
Il cielo, verde, in più libera altezza
del suo ampio culmine, traccia i confini
del mondo in un estremo di giardini
fallaci. Sera piena di bellezza!
Che pace! Al pioppo chiaro giunge e canta
un uccello. Una nuvola svanisce
incolore e una farfalla graziosa,
luce, sprofonda nella luce… si alza
non so quale respiro, che fa triste
di non morir ancor di più la rosa.
(da Sonetti spirituali, 1916)
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LA FRASE DEL GIORNO
In un crollo continuo di bellezza, / la vita si denuda, e si matura / la sua luce di verità divina.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, Sonetti spirituali
Juan Ramón Jiménez (Palos de Moguer, 24 dicembre 1881 - San Juan, Portorico, 29 maggio 1958), poeta spagnolo premiato con il Nobel nel 1956, fu uno dei principali esponenti della Generazione del ’14 e del Modernismo. La sua ricerca poetica lo portò a privilegiare la poesia nuda ed essenziale, fatta solo di immagine e di parola al di là della musicalità esteriore.
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