SALVATORE QUASIMODO
ALLE FRONDE DEI SALICI
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
(da Giorno dopo giorno, Mondadori, 1947)
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25 aprile, Anniversario della Liberazione. Spulciando gli archivi, ho notato che ancora mancava su questo blog una delle più famose poesie di Salvatore Quasimodo: dure immagini di morte e violenza vengono a rappresentare gli anni dell’occupazione nazista, quel “piede straniero sopra il cuore” che richiama alla memoria la contemporanea analogia orwelliana dello “scarpone che calpesta una faccia”. Ma il poeta stavolta non appenderà la cetra, come nel salmo 137: “Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre, / perché là ci chiedevano parole / di canto / coloro che ci avevano deportato, /allegre canzoni, i nostri oppressori”. Anzi: "Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta uno estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che Il tempo delle speculazioni è finito. Rifare l’uomo: questo è l’impegno”.
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LA FRASE DEL GIORNO
O cara, quanto / tempo è sceso con le foglie dei pioppi, / quanto sangue nei fiumi della terra.
SALVATORE QUASIMODO, Giorno per giorno
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo. Essenziale ed epigrammatico, ha temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.
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