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sabato 11 dicembre 2021

Per risalire alle sorgenti


EUGÉNIO DE ANDRADE

SCRIVO

Scrivo ormai con la notte
in casa. Scrivo
del mattino in cui ascoltavo
il mormorio della calce o della fiamma,
ed eri tu soltanto
a dire il mio nome.
Scrivo per portare alle labbra
il sapore delle prime
labbra che ho baciato tremante.
Scrivo per risalire
alle sorgenti.
E nascere di nuovo.

(da I solchi della sete, 2001– Traduzione di Emma Scoles)

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Risalire alla sorgente: è questo lo scopo di tutta la poesia di Eugénio de Andrade, tornare alle origini attraverso la forza vivificante del canto – la calce e la fiamma di questi versi – gustando “parole che sappiano di terra, di acqua, dei frutti del fuoco d’estate, di barche nel vento (…) parole levigate come ciottoli, ruvide come pane di segale (…) parole che odorino di fieno e polvere, di argilla e limone, di resina e sole (…) parole rumorose di sangue, raccolte nello spazio luminoso dell’infanzia, quando  il tempo era pieno, rotondo, scintillante, parole necessarie per conservare ancora gli occhi aperti al mare, al cielo, alle dune, senza vergogna, come se l’innocenza potesse ancora abitare di tanto in tanto i miei giorni”. Perché “le parole sono la nostra salvezza”.

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ROB GONSALVES, "ACQUE DANZANTI"

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LA FRASE DEL GIORNO
Concepisco la parola poetica come uno sforzo di tutto l’essere.
EUGÉNIO DE ANDRADE, Volto precario




Eugénio de Andrade, pseudonimo di José Fontinhas Rato (Póvoa do Atalaia, 19 gennaio 1923 – Porto, 13 giugno 2005), poeta e scrittore portoghese, tradusse García Lorca, Borges, Saffo e Ritsos. Della sua opera José Saramago disse che è una "poesia del corpo cui si arriva attraverso una depurazione continua”.


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