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mercoledì 6 maggio 2020

Acceso dai papaveri


GIORGIO CAPRONI

ORA TU PORTA ALL’AGRO

Ora tu porta all’Agro
sgominato di maggio
questo Caffè – l’acquario
tanto tremulo, il fresco
che negli specchi ha un miraggio
inutile ai belletti
sul volto in maschera, vario
d’improntitudini. A morte
eterna, nel sanguinario
forno dei fiori, al sole
arroventato dall’erba
tu sperdilo, nel semenzario
torrido d’aria e di spazio
che urla impalato, acceso
dai papaveri. Il laccio
allora tu avrai compreso
del mio sgomento – la piena
enorme della paura
che sale, così impietrita
sale, e quanto aliena
da me atterra la vita!


1942


(da Poesie inedite, in L’opera in versi, Mondadori, 1998)

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Ha toni quasi montaliani questa poesia di Giorgio Caproni, che apre lo sguardo da un caffè di città allo spazio rurale che sta immediatamente fuori da essa, l’Agro romano appunto, dove termina l’area urbana e si spalanca lo spazio della campagna, tra la polvere e l’afa, dove rosseggiano i papaveri di maggio: è una realtà che gli sfugge, che si frantuma come i volti negli specchi del locale, e si trasforma in amara disillusione.

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FOTOGRAFIA © BEA PEREZ ARAGUNDE

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore.
GIORGIO CAPRONI, Res amissa




Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


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