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mercoledì 17 ottobre 2018

Gli alberi


NIKIFÒROS VRETTÀKOS

COINQUILINI

C’è anche chi mi ha visto di notte
aggirarmi con una lanternina fioca
e illuminare a uno a uno gli alberi
del mio giardino (c’era vento, pioveva,
era buio) per vedere se hanno paura
o hanno freddo, come facevo un tempo
con i miei figli. C’è anche chi
poi mi ha sentito andar via
mormorando: “Grazie a Dio, stiamo
tutti bene”.

(da Il pianeta visibile, 1983 – Traduzione di Gilda Tentorio)

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“Al tempo in cui nacqui - / in quegli anni Dio mi aveva / tenuto in serbo gli alberi. Erano stelle in cielo. / I colori giovani fasciavano i colli / o si posavano sulle acque. Mane e sera / si diramava fra i cespugli e le pietre la luce. (…)  Dentro di me danzavano piccole farfalle, / era forse la mia anima; forse Dio / dentro di me racchiuse cristalli di tutti i suoi colori celesti”: l’amore per la natura del poeta greco Nikifòros Vrettàkos è già in questi versi dell’Autobiografia. Quest’uomo che abbraccia gli alberi in una notte di pioggia è quello che legge il sole, le stelle, il cielo, i fiori e i prati e traduce la loro armonia in poesia.

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Abbraccio

ELABORAZIONE GRAFICA DI UNA FOTOGRAFIA DI MOJPE DA PIXABAR

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LA FRASE DEL GIORNO
Finché / gli uomini si daranno l’un l’altro la mano / esisterà anche la poesia.
NIKIFÒROS VRETTÀKOS, L’abisso del mondo




Nikifòros Vrettàkos (Krokeès, 1° gennaio 1912 – Plumitsa, 4 agosto 1991), scrittore e poeta greco. Partito per Atene alla scoperta del mondo, ne fu deluso. Prese parte in prima linea alla Seconda guerra mondiale e alla resistenza. Espulso dal Partito Comunista per il suo umanesimo di pace, visse in esilio la dittatura dei colonnelli. Tra le sue opere: Le smorfie dell’uomo, 1940, L’abisso del mondo, 1961, Itinerario, 1972, Protesta, 1974, Eliotropio pomeridiano, 1977, La filosofia dei fiori, 1988.


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