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mercoledì 20 dicembre 2017

Centenario di Gonzalo Rojas


Il 20 dicembre 1917 nasceva a Lebu il poeta cileno Gonzalo Rojas, passato da un’iniziale adesione al Surrealismo ad essere parte della Generazione del ‘38. Le sue raccolte poetiche formano un lungo filo che riporta spesso l’orologio a liriche più antiche e le trasfigura in una nuova visione. Di lui scrive Marcelo Coddou: “Nella poesia di Rojas ci sono molte tematiche, ma quella centrale è una sola: Eros e Thanatos nella configurazione della poiesis” e questo, al fine di leggervi “la profonda parentela tra le cose”.

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Rojas

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da Oscuro, 1977

LATINO E JAZZ

Leggo il mio Catullo e ascolto Louis Armstrong, lo riascolto
nell’improvvisazione del cielo, volano angeli
nel latino augusto di Roma con le trombe liberissime e lentissime,
in un accordo già senza tempo, in un brusio
di vene e di petali per condurmi nel torrente con le onde
che escono da questa sedia, da questo tavolo, da questa materia
che siamo io e il mio corpo in questo istante
in cui ormeggio la raffica di queste sillabe.

È il parto, l’apertura del sonoro, il bagliore
del movimento, impazzito il circolo dei sensi, l’improvviso
esplodere di questo aspro aroma di sangue sacrificale: Roma
e Africa, l’opulenza e il battito, il fascino
dell’ozio e il colpo amaro dei remi, la frenesia
e lo sfacelo degli imperi, vaticinio
o rantolo: questo è il jazz,
l’estasi
prima del crollo, Armstrong; questa è l’estasi,
Catullo mio,
Thanatos!

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L’INIZIO E LA FINE

Quando apro nelle cose la porta di me stesso:
chi ruba il mio sangue, quello vero?
Chi mi scaglia nel vuoto
quando respiro? Chi
è il mio carnefice dentro me?

Oh Tempo. Volto molteplice.
Volto moltiplicato per te stesso.
Vieni dalle origini della musica. Vieni
dal mio pianto. Strappati la maschera che ride.
Aspetta che ti baci, convulsiva bellezza.
Aspettami alla porta del mare. Aspettami
nella cosa che amo eternamente.

1940

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da Lettore disoccupato, 1990

TRE ROSE GIALLE

1) Sai come scrivo quando scrivo? Remo
nell’aria, chiudo
le tende del cranio-mondo, remo
paragrafo dopo paragrafo, ripeto il numero
XXI egiziano, per vedere
se ci arrivo cantando, i piedi levati
verso le stelle,

                              2) dall’aria colgo
tre bellissime rose gialle, vibro
in questa trasfusione, entro
aquila nella donna, serpente e aquila,
colomba e serpente per non parlare
di altri animali aerei che sorgono da lei: bellezza,
pelle, fianco, pazzia,

                                   3) segno
gioioso che pioverà, assira mia,
lo dico al lenzuolo
bianco della pagina, so di certo
che pioverà,
                   Dio stesso
che lo sapeva, lo fece in sette giorni.

Qui inizia allora l’altra forma dell’acqua.

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da Rio Turbio, 1996

CARMEN CARMINIS

- Scusi, per favore, dove si fabbricano qui i versi con
l’Ellade e la lussuria
in modo che vibrino trasparenti?
                                       - Due
case più avanti passato quello spiazzo
dove si vede un’altra piazza con
dalie originali del tempo, qui
tenga la sinistra svoltando
dopo il ponte
del quale non resta traccia, proprio lì a un metro
c’è una falegnameria: da lì
- arterie e marmo, slanciata, i piedi
nudi – tremila anni fa uscì la ragazza,
che non è morta.

Questo mi disse personalmente il mio Catullo a Sirmione
nel ‘95, sul lago di Garda.

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LA FRASE DEL GIORNO
La parola poetica è un viaggio al fondo dell’ignoto (il nuovo?).
GONZALO ROJAS, Revista Chilena de Literatura, n. 30, Novembre 1987




gonzalo_rojasGonzalo Rojas Pizarro (Lebu, 20 dicembre 1917 – Santiago del Cile, 25 aprile 2011), poeta cileno, fu professore universitario a Concepción, ottenendo anche diversi incarichi diplomatici. In seguito al golpe di Augusto Pinochet si rifugiò nella Germania Est e, più tardi, a Caracas, dove insegnò fino al rientro in patria, nel 1980.


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