SYLVIA PLATH
PAPAVERI IN OTTOBRE
Nemmeno le nubi assolate possono fare stamane
Gonne così. Né la donna in ambulanza,
Il cui rosso cuore sboccia prodigioso dal mantello -
Dono, dono d'amore
Del tutto non sollecitato
Da un cielo
Che in un pallore di fiamma accende i suoi
Ossidi di carbonio, da occhi
Sbigottiti e sbarrati sotto cappelli a bombetta.
O Dio, chi sono mai
Io da far spalancare in un grido queste tarde bocche
In una foresta di gelo, in un'alba di fiordalisi.
27 ottobre 1962
(Poppies in October, da Ariel, 1965 – Traduzione di Giovanni Giudici)
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Papaveri in ottobre? Sono quelli artificiali esibiti all’occhiello per alcune settimane nei paesi anglosassoni in occasione del Remembrance Day, il giorno che ricorda i caduti della Prima guerra mondiale. Quei papaveri ricordano alla poetessa statunitense Sylvia Plath un’altra sua poesia, Papaveri in luglio: “Piccoli papaveri, piccole fiamme d’inferno, / Non fate male? / (…) Ci sono fumi che non posso toccare. / Dove sono le vostre schifose capsule oppiate? / Ah se potessi sanguinare, o dormire! –” / Potesse la mia bocca sposarsi a una ferita così!”. La Plath scrisse questi versi il giorno del suo trentesimo compleanno, il 27 ottobre del 1962, nella sua casa londinese, sola con i figli, abbandonata dal marito Ted Hughes, in preda alla depressione e alle domande sulla sua esistenza sopravvissuta alla bella stagione: il suo desiderio autodistruttivo non riuscirà a reggere più a lungo alla sua alienazione. La poetessa non arriverà al compleanno successivo: l’11 febbraio porrà fine alla sua vita avvelenandosi con il gas.
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FOTOGRAFIA © ALAMY
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LA FRASE DEL GIORNO
Come deve essere fragile il cuore umano – una pozza dove si specchiano i pensieri.
SYLVIA PLATH, Lettere
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