ANTONIA POZZI
PRATI
Forse non è nemmeno vero
quel che a volte ti senti urlare in cuore:
che questa vita è,
dentro il tuo essere,
un nulla
e che ciò che chiamavi la luce
è un abbaglio,
l’abbaglio supremo
dei tuoi occhi malati –
e che ciò che fingevi la meta
è un sogno,
il sogno infame
della tua debolezza.
Forse la vita è davvero
quale la scopri nei giorni giovani:
un soffio eterno che cerca
di cielo in cielo
chissà che altezza.
Ma noi siamo come l’erba dei prati
che sente sopra sé passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,
eppure non sa così crescere
da fermare quel volo supremo
né balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.
Milano, 31 dicembre 1931
(da Parole, 1939)
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“Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi?”: è la stessa domanda di Ungaretti a risuonare in questa poesia di Antonia Pozzi la stessa accettazione del destino umano, espressa con la meravigliosa immagine del prato accarezzato da un vento che non può fermare – qui sta la differenza con Ungaretti, qui è già l’ansia di vivere che porterà Antonia a uccidersi a 26 anni, avvelenandosi con i barbiturici in un altro prato, quello freddo e invernale dell’Abbazia di Chiaravalle.
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FOTOGRAFIA © THEMEBIN
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LA FRASE DEL GIORNO
E come potresti donare / alle cose una vita / se fosse nelle cose la tua patria / e non in te / la patria d'ogni cosa?
ANTONIA POZZI, Parole
Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.
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