GAETANO ARCANGELI
FINE D'AGOSTO
Dal sentiero
dove si apparta
dal mare aperto
la ritrosa campagna,
vedo al tramonto
vaghi colori
di brevi incanti terreni
sui monti violacei lontani.
Echi di clàcson
(perché mai così dolci)
si striano nell'aria
e vi affondano morbidi,
echi rispondono
dal cuore che pronto si desta
dall’arido sonno
del giorno,
e già si son tese nel cielo
gracili braccia,
bianche vene,
certo amorose
nel trasalire dell’ora.
Dall’arcaica campagna
del remoto sentiero
dov’è solo arsa verdura,
il tramonto che, appena
acceso, in cenere spegne
il fasto delle sue luci,
è un cupo fiore selvatico
che prova il ritegno
di spandere un suo
acuto e raro profumo.
(da Dal vivere, Testa, Bologna 1939)
.
Con la fine di agosto si approssima ormai a declinare anche la bella stagione: “…e sta morendo nientemeno / che questa lunga estate…” chiosa nei versi di un’altra sua poesia il bolognese Gaetano Arcangeli. Lo fa con una dolcezza un poco malinconica, con un’intensità di cosa che si sa ormai perduta, almeno fino al prossimo giro delle stagioni.
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RITA C. FORD, “SEA GRASS AT SUNSET”
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LA FRASE DEL GIORNO
Tutto quello che perdiamo era tutto quello che avevamo. Ma ce ne procuriamo dell’altro.
ERNEST HEMINGWAY, Il giardino dell’Eden
Gaetano Arcangeli (Bologna, 19 aprile 1910 – 8 settembre 1970), poeta italiano. Si allontanò via via dall’ermetismo verso toni più lirici e talora satirici. Tra i suoi temi la natura misteriosa e ostile, le memorie dell’infanzia e dell'adolescenza, il ricordo del padre e la solitudine.
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