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domenica 6 marzo 2016

La luce che vedi

 

MARGHERITA GUIDACCI

PURO DI CUORE

Col tuo passo sicuro e tranquillo
penetri per i neri corridoi
fino alla cella dove sono rinchiusa,
ed esclami gioioso: «Dov'è l'oscurità
di cui tanto piangevi? Sei tutta illuminata».

Tu non sai che la luce che vedi
è quella che tu irraggi, essendo puro di cuore
e quando la tua visita è finita
essa ti segue, io resto
di nuovo spenta!

(da Neurosuite, Neri Pozza, 1970)

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C’è un periodo oscuro nella vita della poetessa fiorentina Margherita Guidacci, un pugno di anni nel cuore degli Anni ‘60 che la portarono a fronteggiare una sofferenza psichica che causò la crisi del suo matrimonio e un conseguente ricovero in una clinica neurologica. È una condizione che richiama alla mente l’autoreclusione della amata Emily Dickinson, di cui fu traduttrice, e che crea un territorio desolato in cui ogni luce è spenta nell’intimo, illuminato solo da un’effimera presenza visita venuta dall’esterno. Margherita per fortuna resiste e, come chi sia giunto sul fondo, riesce a darsi una spinta per riemergere e raggiungere quella che definirà negli Anni ‘80 “una felicità respirabile”.

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spellbound

FOTOGRAFIA © UNITED ARTISTS

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LA FRASE DEL GIORNO
Noi con gli stracci smessi del passato / ci costruiamo un presente.
MARGHERITA GUIDACCI, Neurosuite




Margherita Guidacci (Firenze, 25 aprile 1921 – Roma, 19 giugno 1992), poetessa e traduttrice italiana. Dopo la crisi del suo matrimonio, negli Anni’60, superò un decennio di grave sofferenza psichica che culminò nel ricovero in una clinica neurologica. Tra i poeti da lei tradotti John Donne, Emily Dickinson, T.S. Eliot ed Elizabeth Bishop.


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