ELISEO DIEGO
IL FOGLIO BIANCO
Mi fa paura questo foglio bianco
disteso in fronte a me come l’abisso
nel quale andrò scendendo verso a verso
calandomi nel vuoto in solitudine
senza sapere dove vado e come
risalirò parola per parola
se appena so che sono solamente
frammenti di me stesso mal legati
per scendere a stento nel precipizio
che è questa pagina bianca che piano
va tramutandosi in un’altra cosa
mentre più cresce l’oscura presenza
delle righe così fragili e mie
che rubandone l’essere lo rendono
a me e la trasformazione è completa:
non è più foglio il foglio o io com’ero.
(La página en blanco, da Veintiseis poemas recientes, 1986)
.
Il poeta cubano Eliseo Diego riflette sul tema dello scrivere, sull’atto di mettersi lì davanti al foglio bianco (romanticamente, adesso è probabile che sia invece il monitor di un computer o lo schermo di un tablet) e tirare fuori le parole, come se fossero corde da collegare per calarsi nell’abisso dell’io. L’elaborazione porterà a riempire il foglio o lo schermo di righe, ma avrà mutato anche il poeta, che dopo aver scritto i suoi versi sarà diverso, avrà fatto un altro passo dentro se stesso risalendo di qualche tratto quell’abisso che separa il reale dal trascendente.
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JEAN-ÉTIENNE LIOTARD, “PORTRAIT DE MADAME MARC LIOTARD DE LA SERVETTE”, PART.
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LA FRASE DEL GIORNO
Una poesia altro non è / che la felicità, una conversazione / nella penombra, tutto / quello che è stato, e ora / è silenzio.
ELISEO DIEGO
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