JUAN GELMAN
TI DICO, MARA
Cancellato dal mondo reale, ubriaco
di questo crepuscolo che canta
altrove e l’angelus passa
a cavallo di una campana.
Il cielo muore insanguinato e
non vedo nessuno, niente, solo
il fuoco ardente di quando
un airone cinerino
si levò nel tuo bianco sguardo.
Bruciava gli ieri,
la spazzatura che il tempo deposita.
(Te digo, Mara, da Valer la pena, Guanda, 2007 – Traduzione di Laura Branchini)
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La sera che cade, il tramonto che, per dirla con Milan Kundera “illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia”, ammalia anche il poeta argentino Juan Gelman: è l’ora in cui quel rossore del giorno dà un’ebbrezza simile a quella che dà il vino ed evoca memorie sepolte, costringendo a interrogarsi sul tempo e sul suo divenire.
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CLAUDE MONET, “SAINT-GEORGES MAJEUR AU CRÉPUSCULE”
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LA FRASE DEL GIORNO
Essere uno è non avere niente. / Cade il tramonto sopra / la parola che galleggia sul visibile / come una luna.
JUAN GELMAN, Valer la pena
Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930 – Città del Messico, 14 gennaio 2014), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.
Molto bella questa poesia e anche l'immagine impressionistica...
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