JOYCE LUSSU
C’È UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole...
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È superfluo ogni commento a questa poesia di Joyce Lussu, scrittrice italiana, che ho scelto quest’anno per la Giornata della Memoria. È l’orrore stesso della descrizione a parlare, a denunciare l’inimmaginabile che la “bestia umana” è capace di compiere. La mano levata sui bambini è un surplus a quello sterminio posto in essere scientemente e scientificamente dai nazisti. Quelle scarpette rosse si aggiungono alle “pile di occhiali / montagne di scarpe” che il poeta sudcoreano Ko Un vide e raccontò visitando il campo di Auschwitz. “Sulla via del ritorno / ognuno fissava fuori dal finestrino in direzione diversa” dice Ko Un. Il suo sgomento, quello di Joyce Lussu, devono restare e essere tramandati perché, come scrisse lo storico americano George Santayana, con una massima che mi piace citare spesso: “Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.
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LA FRASE DEL GIORNO
Volevano ad ogni costo uccidere l'ultimo ebreo sul pianeta. Oggi ci si potrebbe chiedere: perché la memoria, perché ricordare, perché infliggere un dolore tale? In fondo per i morti è tardi ma per i vivi no. Se non si può annullare il tormento, si può invece sperare, riflettere, prendere coscienza.
ELIE WIESEL, La Repubblica, 27 gennaio 2010
l'ho pubblicata anche io gli anni scorsi. Oggi ne pubblico una mia. Anche più amara...
RispondiEliminaVisto: e apprezzato, Paolo
RispondiEliminaBella citazione!
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