Il 14 maggio è scomparso all’età di 86 anni il poeta argentino Mario Trejo, voce del desiderio di libertà dell’America Latina e del suo lato più sensuale: nato a Buenos Aires il 13 gennaio 1926, portò in giro per il mondo la sua personalità variegata, fu anche giornalista – intervistò Che Guevara e Salvador Allende, Yasser Arafat e Ben Gurion – drammaturgo e scrittore e addirittura attore per Kill me future di Bernardo Bertolucci: collaborò con Astor Piazzolla, che mise in musica alcune delle sue poesie, in particolare Los pájaros perdidos.
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GLI UCCELLI PERDUTI
Amo gli uccelli perduti
che tornano dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
Tornano di nuovo i ricordi,
le ore giovani che ho dato
e dal mare giunge un fantasma
fatto di cose che amai e persi.
Tutto fu un sogno, un sogno che perdemmo
come perdemmo gli uccelli ed il mare,
un sogno breve e antico come il tempo
che gli specchi non possono riflettere.
Dopo cercai di perderti in tante altre
e quell'altra e tutte eri tu;
infine riuscii a capire quando un addio è un addio,
la solitudine mi divorò e fummo due.
Tornano gli uccelli notturni
che volano ciechi sul mare,
la notte è uno specchio
che mi ridà la tua solitudine
Sono solo un ucello perduto
che torna dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
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ULTIMATUM A UN GIOVANE POETA
Che il pane sia pane e mare il mare
Basta congetture
Pipistrelli lunari o roditori di orchidee
Ogni parola ha un prezzo
Le parole che attaccano come raggi o vipere
E anche madre
Amico
E alcool e letto e tavola
E il figlio concepito a dolci spinte
E i funghi che originano lampi d’amore
O bagliori di morte
E il poeta che cade sotto le pallottole
Come un sole che la notte crivella
Che il pane sia pane e mare il mare
E l’acqua eterna
Come la sete è eterna
Per poter dire infine:
Ho trovato un pane in riva al mare
Gli avvoltoi sorvolavano il mio amore
Ho morso un’orchidea
Gli avvoltoi si disputavano un corpo amato
Ho guidato camion e dormito nelle segherie
Gli avvoltoi divoravano la mia amata
Ho viaggiato di notte sulla sabbia calda
Ho invocato i nomi segreti
Ho scongiurato un maleficio
Ho arginato una catastrofe
Ho condotto un’aquila al suo nido
Sono morto con i miei morti e sono vivo
Quando sono arrivato in città
Un folle vagava per le strade
Nel suo sguardo aveva un coltello
Gli ho dato la mia mano
L’ho guardato
Gli ho parlato e la mia voce proseguì tra le stelle
Eravamo noi due soli sulla terra
Eravamo in due sulla terra
La solitudine andò in frantumi
La poesia in parole
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MANOSCRITTO
Mi arrendo.
La religione la mafia
la politica e il calcio
l’esercito e la moda
muovono più gente di me.
Sono milioni o pochi
ma totalmente decisi
al tutto per tutto.
Ho a che fare solo
con le piccole folle
di un cinema notturno
con la solitudine dei giocatori
che officiano una partita di scacchi
con il tepore di alcune donne
Leggo
torno a vedere un vecchio film
faccio notte con Coltrane
e allungo il braccio e accarezzo la mia bella
che mi invita fumando.
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LABBRA LIBERE
Alla fine delle terre e dei giorni
di orari partenze e ritorni
di aeroporti mangiati dalla nebbia
malato di paesi e di chilometri
di hotel sbrigativamente condivisi
Dopo le attese
la fretta
i volti e i paesaggi differenti
ed essere stati abbacinati dall’oblio
o apertamente baciati dalla vita
Dopo quell'amata
e quest’altra appena intravista
donne catturate dalla mia solitudine
e soffocate dalle belle catastrofi
Dopo la violenza e il desiderio
di ricominciare da capo
e gli errori
e i malintesi quotidiani
e le abitudini torrenziali del tropico
e le notti accarezzate dall’alcool
e il tabacco fumato con tanta incertezza
Alla fine di un nome che non oso dire
e di qualcuno che chiamavo Irene
con una certa voce
con un certo modo di sbarrare gli occhi
alla fine della mia fede nella comprensione degli uomini
e nel cuore di città e nazioni
che non sapranno mai nulla di me
Dopo tanti tentativi di fuggire o confrontarmi
e capire che sono solo
ma non sono solo
alla fine di amori arrugginiti
e confini violati
e della certezza che tutta la vita
non è altro che le macerie
di un’altra che sarebbe dovuta essere
Alla fine del colpo d’ascia irreparabile del tempo
posso solo impugnare queste parole
questa ostinazione di anni e distanze
che si chiama poesia.
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LA FRASE DEL GIORNO
Per me, la poesia non è solo espressione di sentimenti, ma la ricerca di qualche verità.
MARIO TREJO, Barataria, Revista de Poesía, Anno 2, n. 3, giugno 1994
..non ho letto tutto..ma leggerò ...adesso non ho voglia....
RispondiElimina..comunque.... il tipo di musica lo "conosco"...amavo e amo La Paloma...unica che conosco....che mi suonava mio cugino con la chitarra quando ero piccola...e mi piace.:))
Ciaoo Vania
è chiaro che un poeta argentino non può fare a meno di scrivere per il tango... è successo anche al grande Borges
RispondiElimina"La solitudine andò in frantumi
RispondiEliminaLa poesia in parole"
Mi piace molto