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lunedì 6 febbraio 2012

Occhi come more selvatiche


HARRY MARTINSON

SOTTO IL CAPPELLO DI PAGLIA

Sotto il cappello di paglia
il cui intreccio filtrava il sole
sulla tua fronte
gettavano sguardi occhi scuri
come more selvatiche
infantilmente penetranti
silenziosamente volevi proteggere
la scura pioggia di lentiggini
del tuo viso
ma talvolta dimenticavi te stessa
e ridevi.

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“Per una scrittura che cattura le gocce di rugiada e riflette il cosmo” è la motivazione con cui l’Accademia Svedese assegnò il Premio Nobel per la Letteratura del 1974 al poeta svedese Harry Martinson. Vi furono polemiche, perché quell’anno vennero premiati ex aequo due membri della stessa Accademia, Martinson e Eyvind Johnson, a scapito di nomi quali Vladimir Nabokov, Saul Bellow e Graham Greene. Non si può però negare che la motivazione rispecchia fedelmente la poesia di Martinson, come si può apprezzare da questo ritratto di ragazza: il poeta ci guida a leggere dentro quegli occhi scuri tutto un mondo che vi si rovescia, ci conduce alla porta dell’anima, che balena improvvisa in un sorriso che smorza l’atteggiamento serioso.

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image

PIERRE-AUGUSTE RENOIR, “JEUNE FILLE AU CHAPEAU DE PAILLE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il più delle volte un'aria di dolcezza o fierezza in una donna, non significa che essa sia dolce o fiera: è semplicemente un modo d'esser bella.
ALPHONSE KARR, Aforismi sulle donne, sull’uomo e sull’amore




Harry Martinson (Jämshög, 6 maggio 1904 – Stoccolma, 11 febbraio 1978,) scrittore e poeta svedese. Nel 1949 venne eletto membro dell'Accademia Svedese. Nel 1974 gli venne conferito il Premio Nobel per la letteratura, insieme al connazionale Eyvind Johnson con la seguente motivazione: “per una scrittura che cattura le gocce di rugiada e riflette il cosmo”.


3 commenti:

  1. ..l'immagine che hai accostato è deliziosa...come lo è la poesia.


    interessante la frase del giorno....da farci una "tribuna politica".:))
    ciaooo Vania

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  2. Ha una profilo così semplice, eppure penetrante, nel modo in cui l'immagine emerge, lentamente dai versi. Ed alla fine è possbile vedere, ma forse dovremmo dire, sentire, quelle emozioni che il poeta ha provato, nell'attimo in cui ciò che scrive è avvenuto.

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  3. Verissimo: sentiamo l'emozione del poeta. È come una statua che emerge lentamente dal blocco di marmo.

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