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lunedì 31 ottobre 2011

La solita zucca

 

ALESSANDRO PARRONCHI

«TOTEM»

Spunta l'autunno, fra tempeste si distende
in giornate ridenti, l'azzurro dei monti vuole
tutto il male che fu, che sarà cancellare.
Volti più che pensieri di gioia. Repentina
frana la sera su chi tardi s'era deciso
ad apprezzare il nemico
sole. Ed ora ch'è notte
vengono le bambine con la solita zucca
da scavare e intagliare e metter sul cancello
con dentro una candela.

- Bambine, non ho voglia. S'è già fatta anno scorso.
Quest'anno, quest'immagine...
                                Su, presto, date qua
il coltello a sbozzare gli occhi e i denti,
a portare via semi e filamenti.
Su, date la candela. E sopra, dov'è il gambo,
un bel foro perché non soffochi la fiamma.
E mettiamola in cima perché tutti la vedano,
i più piccoli, forse, non senza un tremito...

E tu brilla nel buio, modesto spauracchio,
la cui sinistra smorfia nessuno inganna.
Immagine infantile, da noi per un altro anno,
e ancora per anni tanti, allontana la morte!

(da Pietà dell'atmosfera, Garzanti, 1970)

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Il mio sogno americano è sempre vivo e vegeto, ma non amo Halloween. O meglio, non amo l’Halloween importato dagli States e diventato mania sociale per le nuove generazioni. Provengo dalla cultura di chi non ha mai festeggiato da bambino con “dolcetto o scherzetto”, un’usanza mutuata da film e telefilm americani e diffusasi da noi, a quanto ricordo, solo dagli Anni ‘90. È la solita zucca che ormai viene tutti gli anni, a differenza del Great Pumpkin atteso invano da Linus in tante strisce dei Peanuts – la festa era talmente ignota da noi che i traduttori del fumetto, negli Anni ‘60 si sono lasciati ingannare e l’hanno definito Grande Cocomero. Ora, dopo tanti anni di assuefazione la festa straniera è entrata profondamente nella nostra società: battage pubblicitario, feste a tema, ipermercati che vendono gadgets e costumi di streghe, scheletri e fantasmi.

Ma, come testimonia questa poesia di Alessandro Parronchi, il rito della zucca intagliata è sempre stato anche nostro, vivo nella cultura contadina – anche mio padre mi riferisce che tale uso c’era nelle nostre campagne e ne ha un ricordo ancora vivido; nel Mantovano ancora oggi c’è la tradizione delle “lumere”, zucche intagliate e illuminate, con i bambini che girano di casa in casa a chiedere i “dolci dei morti”. In effetti i Celti celebravano il nuovo anno proprio la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, lo spartiacque tra la stagione della luce e del caldo e quella del freddo e del buio. Quella notte Samhain, signore della morte e principe delle tenebre, si credeva chiamasse a sé tutti gli spiriti dei defunti sospendendo tutte le leggi dello spazio e del tempo e consentendo al mondo degli spiriti di unirsi con quello dei vivi. La zucca è il totem che li esorcizza. Gli irlandesi che emigrarono negli Stati Uniti nel XIX secolo portarono là la loro – e nostra – tradizione e la diffusero rapidamente.

Quanto al carnascialesco unito al macabro in questa festa pagana, ho scritto già tre anni fa: “È da sempre il modo migliore di esorcizzare la paura, e già nei cimiteri antichi erano spesso dipinte le danses macabres con scheletri impegnati in vorticosi balli”. Nulla di nuovo sotto il sole dunque, se già nel Medioevo e probabilmente in tempi ancora più ancestrali gli uomini si comportavano così. Io, come ogni anno, andrò invece a portare un pensiero e una preghiera ai miei cari e ai miei amici che non ci sono più.

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FOTOGRAFIA © TOBY ORD

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LA FRASE DEL GIORNO
[Halloween] È il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall'oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell'oscurità.
STEPHEN KING, L’orrore secondo Stephen King




Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – 6 gennaio 2007), poeta, storico dell'arte e traduttore italiano. Con il suo stile ricercato è passato da un ermetismo  incantato a un intimismo che trae giovamento dalla consolazione della memoria: per questo le sue poesie sono oggetto di un meditato lavorio con cui il ricordo media l’emozione.


2 commenti:

  1. ...copio il mio commento scritto ad Adriano Maini...ieri sera..rimando al mio commento di hallowen..
    "...Halloween..un "discorso" delicato...io non lo amo...come non amo questi tipi di travestimenti...ma prendendolo... come dici Tu alla leggera/ingenuamente è un altro discorso...specialmente per una festina tra bambini ... una occasione di ritrovo....ma deve finir là.
    ...che sia anche diventata un' altra festa consumistica non c'è dubbio."

    ..le tradizioni italiane lette in questo post...a me sconosciute...sono interessanti.
    ciaoo Vania

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  2. sono completamente d'accordo con te, Vania...

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