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giovedì 23 giugno 2011

Lucca e Ungaretti



GIUSEPPE UNGARETTI

LUCCA

A casa mia, in Egitto, dopo cena, recitato il rosario, mia madre ci parlava di questi posti.
La mia infanzia ne fu tutta meravigliata
La città ha un traffico timorato e fanatico
In queste mura non ci si sta che di passaggio
Qui la meta è partire
Mi sono seduto al fresco sulla porta dell'osteria con della gente che mi parla di California come d'un suo podere
Mi scopro con terrore nei connotati di queste persone
Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue dei miei morti
Ho preso anch'io una zappa
Nelle cosce fumanti della terra mi scopro a ridere
Addio desideri, nostalgie.
So di passato e d'avvenire quanto un uomo può saperne.
Conosco ormai il mio destino, e la mia origine.
Non mi rimane più nulla da profanare, nulla da sognare.
Ho goduto di tutto, e sofferto.
Non mi rimane che rassegnarmi a morire.
Alleverò dunque tranquillamente una prole.
Quando un appetito maligno mi spingeva negli amori mortali, lodavo la vita.
Ora che considero, anch'io, l'amore come una garanzia della specie, ho in vista la morte.

(da L’Allegria, 1919)

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Una poesia di Giuseppe Ungaretti fa parte dei temi scelti quest’anno per la prova d’italiano alla maturità: è Lucca, una delle ultime raccolte nell’Allegria. Scritta tra Parigi e Milano nel 1919, segna, con le altre sei della sezione Prime, una mutata disposizione del poeta, un inizio di revisione del passato, un tentativo di inserire nell’età matura l’esperienza vissuta: ora Ungaretti ha trentun anni e viene dalla devastante esperienza della guerra. È una stagione nuova e il canto si fa più aperto, il versicolo viene abbandonato a favore di una prosa ritmica. In effetti, è come se quelle poesie appartenessero già a Sentimento del tempo.

“In nessuna / parte / di terra / mi posso / accasare” aveva scritto Ungaretti in Girovago. Eppure c’è un luogo nell’universo in cui il poeta può forse non sentirsi “straniero”. Non l’Alessandria d’Egitto dell’infanzia, non la Parigi artistica dove frequenta anarchici e socialisti. Se c’è un posto a cui sente di appartenere, quello è Lucca, la terra natale dei suoi avi, la città dei suoi genitori, “duemil’anni forse / di gente mia campagnola / e mio padre e mia madre” come già testimoniano I fiumi. È lì che si riconosce, nelle radici. È lì che capisce di seguire come gli altri un destino, non “una rinuncia alla libertà della vita, un adattamento al concetto borghese della vita” – sono parole dello stesso Ungaretti – ma la rilevazione che “l’uomo è misteriosamente chiamato a sopravviversi nell’ordine spirituale mediante la parola”. Proprio per questo Lucca è importante nel corpus ungarettiano: “Accettare la tradizione è stato, è ancora, per me, l’avventura più drammatica, è quell’avventura dalla quale sino ad oggi si svolge, in mezzo a difficoltà innumerevoli d’espressione, la mia poesia”.

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Ungaretti a Lucca © Lo schermo

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LA FRASE DEL GIORNO
Mi riconosco / immagine / passeggera // presa in un giro / immortale.
GIUSEPPE UNGARETTI, L’Allegria




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


1 commento:

  1. ...parole drammaticamente Consapevoli e Vive.....nessuna "paura".
    ciao Vania

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