ANTONIN ARTAUD
PENDOLO
Non sono un mietitore, checché se ne dica.
Accomodo sulle mie ginocchia la luna, mia promessa
E l'ora del pastore risuona in qualche angolo
Dietro il paravento dipinto della collina,
Sotto le palme verdeggianti del cielo deserto. Sono incline
A pensare che è senza dubbio per dosare meglio
La lenta instillazione del vino annerito del dubbio
In sentieri infiniti di cieli incrociati
Che nell'acqua del silenzio questa pietra è gettata,
Questa pietra sonora nell'attesa e nel dubbio.
(da Prime poesie, in Opere complete)
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Antonin Artaud nel 1938 scrisse un’opera fondamentale, Il teatro e il suo doppio, nella quale fissò i criteri dell’estetica del teatro, inteso come messa in discussione delle certezze di chi vi partecipa. Un testo base per le avanguardie. Ma prima, molto prima, tra il 1913 e il 1923, un periodo in cui lo scrittore e regista attraversò l’adolescenza e la prima giovinezza, era la poesia ad attrarlo. I suoi testi non ebbero pubblicazione ma portarono il giovane marsigliese, attore dedito agli stupefacenti e con problemi psichiatrici, a contatto con Jacques Rivière e poi con André Breton e i surrealisti. Sono ancora lontani i tempi in cui Artaud scriverà la Revolte contre la poésie: qui non è che un poeta, che tenta attraverso i suoi versi di esprimere il suo disagio esistenziale, di trovare un mezzo per trascenderlo.
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Jackson Pollock, “La Luna-Donna taglia il cerchio”
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LA FRASE DEL GIORNO
In principio era il mito. Come il grande Iddio poetava e andava in cerca di espressione nelle anime degli indiani, dei greci e dei germani, così va ripoetando tutti i giorni nell'anima di ogni fanciullo.
HERMANN HESSE, Peter Camenzind
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