Ci sono eventi che restano nella memoria storica di un popolo: credo che le Olimpiadi di Roma siano uno di questi. Intendo dire che anche chi non le ha vissute perché, come me, non era ancora nato o era troppo giovane per averne coscienza, ne ha tuttavia una vaga sensazione come un retaggio atavico. Lo stesso è capitato, ad esempio, con lo sbarco sulla Luna.
Il 25 agosto del 1960 iniziavano con una cerimonia inaugurale che vide la sfilata di 84 paesi e la dichiarazione di apertura da parte del presidente Giovanni Gronchi. Giochi che avevano il fascino dei campi di gara inusuali: lo stadio dei Marmi, le Terme di Caracalla, la Basilica di Massenzio, il Colosseo; e poi ancora il Golfo di Napoli, il lago di Albano, Castelgandolfo. Memorabile fu la maratona notturna vinta a piedi scalzi dall’etiope Abebe Bikila attraverso i luoghi più pittoreschi della Roma antica. Alla storia anche l’oro di Livio Berruti nei 200 metri con il record del mondo uguagliato, le cinque medaglie d’oro su sei degli italiani del ciclismo e le quindici su sedici dei sovietici nella ginnastica, le vittorie di Cassius Clay e Nino Benvenuti nel pugilato, l’oro di Costantino di Grecia nella vela, il trionfo di Raimondo D’Inzeo nell’equitazione e la nascita del “Settebello” azzurro nella pallanuoto. E ancora le due Germanie per l’ultima volta unite prima della costruzione del Muro di Berlino.
Un tempo che non c’è più, un’Italia completamente diversa nel suo tessuto sociale, stravolta dal progresso e dai cinquant’anni trascorsi. Un tempo in cui non c’erano sponsor e dove lo sport era scevro dalla politica e dalle strumentalizzazioni: solo otto anni dopo ci saranno le pantere nere sul podio di Tokyo, dodici anni dopo avverrà il massacro di “Settembre nero” a Monaco, sedici anni dopo il boicottaggio di Montreal…
L’accensione del braciere, Wilma Rudolph, la vittoria di Livio Berruti
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LA FRASE DEL GIORNO
Non sono i più forti, o i più belli, a vincere nelle Olimpiadi; ma prima di tutto coloro che partecipano.
ARISTOTELE, Etica Nicomachea
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