DIEGO VALERI
RIVA DI PENA, CANALE D’OBLIO…
Ora è la grande ombra d'autunno:
la fredda sera improvvisa calata
da tutto il cielo fumido oscuro
su l'acqua spenta, la pietra malata.
Ora è l'angoscia dei lumi radi,
gialli, sperduti per il nebbione,
l'uno dall'altro staccati, lontani,
chiuso ciascuno nel proprio alone.
Riva di pena, canale d'oblio...
Non una voce dentro il cuor morto.
Solo quegli urli straziati d'addio
dei bastimenti che lasciano il porto.
(da Poesie 1910-1930)
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Venezia è una città che si apprezza maggiormente nei grigi giorni d’autunno, quando i turisti sono più scarsi e l’atmosfera rivela la sua vera anima, quella dolente tristezza di città condannata. Diego Valeri lo sapeva bene, la sua stessa poesia incarnava quei toni tipicamente veneziani, come rilevato da un illustre critico quale Francesco Flora: “Una lingua che accorda l’oro dei mosaici ai colori della laguna, il volo dei colombi al gorgoglio dell’acqua sopra il remo e il canto pronunzia come eco e la visione guarda come specchiata…”
Valeri racconta l’emozione di un autunno veneziano nebbioso che lo sommerge di malinconia e di tristezza. E ancora una volta nel finale è l’ambiente esterno a significare il tormento del poeta: lo strazio delle sirene delle navi che lasciano il porto. “Non è soltanto la sua città: è la sua cadenza, il suo tono”, come scrisse di lui un altro critico, Pietro Pancrazi.
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LA FRASE DEL GIORNO
Agli dei è piaciuto far sì che il dolore fosse compagno del piacere.
PLAUTO, Anfitrione
Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.
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