EUGENIO MONTALE
FELICITÀ RAGGIUNTA…
Felicità raggiunta, si cammina per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
(da Ossi di seppia, 1928)
.
Tutti sappiamo quanto esile sia la felicità, quanto fragile il suo equilibrio nelle nostre vite. Eugenio Montale, in questa poesia tratta da “Ossi di seppia”, descrive con alcune analogie questa delicatezza – ricordiamo che per gli antichi era “una ruota di vetro”: il camminare sull’orlo di una tagliente lama – un po’ come la muraglia con i cocci di bottiglia di un’altra celebre poesia montaliana - lo stento ardere di una fiammella che rischia di spegnersi a ogni colpo di vento, la sottile lastra di ghiaccio che va in frantumi sotto il peso del piede… Dovremmo ammirarla da lontano, come le opere d’arte messe sotto vetro nei musei. Dovremmo accettarne i suoi doni, anche immotivati, quelli dell’incipit di un’altra poesia di Montale, “Barche sulla Marna”: “Felicità del sùghero abbandonato / alla corrente / che stempra attorno i ponti rovesciati / e un murmure stagnante di città…”
Del resto, la felicità è un balsamo, anche se passeggero, per chi dimentica la sua tristezza: sa dispensare piccole gioie, come il canto degli uccelli nel mattino dai loro nidi sulle modanature dei palazzi. Ed è doloroso il suo ricordo, la felicità perduta, come il pianto di un bambino che vede il suo palloncino volare lontano nel cielo.
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LA FRASE DEL GIORNO
C'è un'Ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va... / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa.
TRILUSSA, Poesie
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