L’haiku, la classica forma poetica giapponese con tre versi di 5-7-5 sillabe, è un modo di esprimere con immediatezza uno stato d’animo. Affascina anche noi occidentali, forse per la sua brevità in questi tempi di fretta. Brevità apparente, perché in così poco spazio, si potrebbe meditare a lungo. Jack Kerouac e Jorge Luis Borges praticarono gli haiku, e anche Mario Benedetti, il poeta uruguayano scomparso il 17 maggio di quest’anno. Ecco alcuni dei suoi haiku – nella traduzione purtroppo va perduta la classica forma metrica giapponese.
46
Passano le nubi
e il cielo torna limpido
di ogni colpa.
99
Come riderebbero
i punti cardinali
se fossero cinque.
104
Quando te ne vai
non scordare di portarti
il tuo disprezzo.
148
L’albero sa
di chi è ogni passo
di chi l’ascia.
149
So che l’abisso
ha il suo fascino
io non mi avvicino.
151
Con la tristezza
si può andare lontano
se uno va da solo.
213
Un pessimista
è solo un ottimista
ben informato.
Mario Benedetti in un disegno di Rodolfo Fucile
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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è registrazione rapidissima di momenti chiave della nostra esistenza. In ciò è pura, assoluta, non ha tempo di contaminarsi con nulla. Nemmeno con i nostri dubbi.
ALBERTO BEVILACQUA, La Fiera Letteraria, giugno 1973
Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia, noto come Mario Benedetti (Paso de los Toros, 14 settembre 1920 – Montevideo, 17 maggio 2009), poeta, saggista, scrittore e drammaturgo uruguaiano. Figlio di immigrati italiani, fece parte della Generazione del’45. Nel 1973 fu costretto all’esilio dal golpe militare. Rientrò nel 1983.
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