"Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L'interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po' balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: "Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata". Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: "Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l'avviamento dell'impianto termico, dichiara d'essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l'asportazione di uno dei detti articoli nell'intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell'avvenuta effrazione dell'esercizio soprastante".
Ovvero, quando invece di una semplice parola si usa una parafrasi per sembrare colti e si finisce invece per ingarbugliare inutilmente il discorso. Un linguaggio parallelo all’italiano che diventa di volta in volta “burocratese”, “politichese” o “legalese”. Il brano riportato qui sopra risale a più di quarant’anni fa ed è un articolo di Italo Calvino pubblicato sul “Giorno” del 3 febbraio 1965. Settantadue parole usate dal solerte brigadiere invece delle quarantadue adoperate dall’interrogato, invero alquanto sospetto, ma sicuramente non reo di violentare l’italiano.
L’antilingua, come lo stesso Calvino la ribattezzò: "Ogni giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un'antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua. Caratteristica principale dell'antilingua è quello che definirei il "terrore semantico", cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato […]. Nell'antilingua i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e sfuggente […]
Chi parla l'antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso". La motivazione psicologica dell'antilingua è la mancanza d'un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l'odio per se stessi. La lingua invece vive solo d'un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d'una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l'antilingua - l'italiano di chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire "ho effettuato" - la lingua viene uccisa."
I governi succedutisi nel nuovo millennio hanno tentato di estirpare questo malanno, ma basta andare, anzi “recarsi” in qualsiasi ufficio pubblico e avere bisogno di qualche documento per rendersi conto che la malerba è ancora ben radicata. Basta leggere questo verbale di multa: “Poiché tale fatto costituisce violazione dell’art. 157 del Decreto legislativo 285/92 il trasgressore può interrompere il procedimento ed estinguere l’obbligazione, con il versamento della somma totale di €… entro 5 giorni dal presente accertamento di cui €… per la violazione alla lettera a) e di €… per quella alla lettera b), avvalendosi…”. Occorre tradurre… Per fortuna c’è il dizionario burocratese-italiano.
L’antilingua, come lo stesso Calvino la ribattezzò: "Ogni giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un'antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua. Caratteristica principale dell'antilingua è quello che definirei il "terrore semantico", cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato […]. Nell'antilingua i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e sfuggente […]
Chi parla l'antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso". La motivazione psicologica dell'antilingua è la mancanza d'un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l'odio per se stessi. La lingua invece vive solo d'un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d'una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l'antilingua - l'italiano di chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire "ho effettuato" - la lingua viene uccisa."
I governi succedutisi nel nuovo millennio hanno tentato di estirpare questo malanno, ma basta andare, anzi “recarsi” in qualsiasi ufficio pubblico e avere bisogno di qualche documento per rendersi conto che la malerba è ancora ben radicata. Basta leggere questo verbale di multa: “Poiché tale fatto costituisce violazione dell’art. 157 del Decreto legislativo 285/92 il trasgressore può interrompere il procedimento ed estinguere l’obbligazione, con il versamento della somma totale di €… entro 5 giorni dal presente accertamento di cui €… per la violazione alla lettera a) e di €… per quella alla lettera b), avvalendosi…”. Occorre tradurre… Per fortuna c’è il dizionario burocratese-italiano.
Alberto Sordi nel film “Il vigile”
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LA FRASE DEL GIORNO
Ho avuto un incubo: l'ipertrofia della burocrazia in uno Stato che ha appena liquidato l'analfabetismo.
STANISLAW JERZY LEC, Pensieri spettinatiItalo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana, Cuba, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985), scrittore italiano. Intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, è stato uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento. Ha seguito molte delle principali tendenze letterarie a lui coeve, dal neorealismo al postmoderno, ma tenendo sempre una certa distanza da esse e svolgendo un percorso di ricerca personale e coerente.
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