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mercoledì 8 luglio 2009

Danilo Kiš

“Leggo L’ultimo bastione del buon senso e ho l’impressione di essere seduto in un bistrot vicino al Trocadero di fronte a Danilo che mi parla con quella sua voce aspra e potente. Fra tutti gli scrittori della mia generazione che abitavano a Parigi durante gli anni Ottanta era forse il più grande. Il più grande e il meno visibile. La Dea chiamata Attualità non aveva alcuna ragione di puntare i riflettori su di lui. “Io non sono un dissidente”, scrive. E non era neppure un emigrato. Viaggiava liberamente tra la Jugoslavia e la Francia. Per la Dea Attualità Danilo non era, dunque, di alcun interesse...”

Danilo, protagonista di queste note di Milan Kundera è Danilo Kiš, scrittore di incerta patria e di altrettanto variegata educazione religiosa, che aveva però le idee chiare su quello che conta nella vita. Nato nel 1935 a Subotica, città ungherese che in quel momento faceva parte del Regno di Jugoslavia e che oggi è in Serbia, aveva per padre un ebreo e per madre un’ortodossa ed era cresciuto in un ambiente cattolico.

Ma la sua vita era la scrittura: “L’unica cosa che mi interessa è come cominciare, come continuare e come finire una frase”. Aveva iniziato a scrivere dopo la scomparsa del padre ad Auschwitz: “Clessidra”, “Salmo 44”, “Dolori precoci”. E traduceva poeti stranieri, comparava letterature. Faceva della scrittura una testimonianza enciclopedica riproducendo tutto nei dettagli, elencando oggetti e fatti, orari e personaggi sconosciuti.

La politica non lo assorbì: dal socialismo reale jugoslavo, nel quale pure era cresciuto, riuscì a evadere trasferendosi nella libertà parigina, senza essere un dissidente o un maitre à penser dell’intellighenzia. Nella capitale francese morì per una malattia incurabile nel 1989, a 54 anni.


da “Homo poeticus”, Adelphi, 2009:

Coltiva il dubbio riguardo alle ideologie e ai principi dominanti.
Mostrati ugualmente fiero davanti ai principi e alle folle.
Ricordati sempre di questa massima: chi centra l’obiettivo sbaglia tutto.
Non visitare le fabbriche, i kolchoz, i cantieri: il progresso è qualcosa che non si vede a occhio nudo.
Non ti occupare di economia, di sociologia, di psicoanalisi.
Non sostenere la relatività di tutti i valori, la gerarchia dei valori esiste.
Non credere che gli scrittori siano “la coscienza dell’umanità”: hai già visto troppe canaglie.
Non avere una missione. Guardati da coloro che hanno una missione.
Non scrivere per il “lettore medio”: tutti i lettori sono medi. Non scrivere per l’élite, l’élite non esiste, l’élite sei tu.
Manda al diavolo cento volte chi dice che Kolyma era diversa da Auschwitz.
Chi afferma che ad Auschwitz sterminavano solo i pidocchi e non gli uomini – tu sbattilo fuori.


BIBLIOGRAFIA ITALIANA:

  • Giardino, cenere (1965);
  • Pene giovanili (1970);
  • La clessidra (1971);
  • Po-etica (1971);
  • Po-etica II (1974);
  • Una tomba per Boris Davidović (1976);
  • La lezione di anatomia (1978);
  • L'enciclopedia dei morti (1985).
  • Homo poeticus, 2009

Danilo Kiš (Fotografia da Serbia.com)


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LA FRASE DEL GIORNO
La banalità è indistruttibile come una bottiglia di plastica.
DANILO KIŠ, Homo poeticus




Danilo Kiš
(Subotica, 22 febbraio 1935 – Parigi, 15 ottobre 1989), scrittore serbo. Dopo iniziali tentativi poetici, si dedicò interamente alla prosa, affermandosi come uno degli autori più significativi della letteratura serba contemporanea. Nella sua produzionespicca la trilogia di romanzi incentrati sul personaggio di Eduard Sam, che riflette la figura reale del padre dello scrittore, un ebreo scomparso ad Auschwitz.


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