Se le poesie di Antonia Pozzi e di Carlo Michelstaedter trasudano una nera disperazione, quelle del vicentino Antonio Barolini sprizzano invece gioia e speranza. "I miei versi sono cronaca delle mie occasioni di giullare" commentò lui stesso nelle note a "Elegie di Croton", la raccolta scritta dopo il suo trasferimento negli Stati Uniti, paraganonandole in un certo senso alle "nugae", alle "sciocchezze" di Catullo.
Basta scorrere i titoli delle opere di questo poeta, nato nel 1910 e morto nel 1971, per rendersene conto: "La gaia gioventù", "Il meraviglioso giardino". C'è un'apertura positiva verso la realtà e il mondo.
Quando queste due opere furono pubblicate, una nel 1938 e l'altra nel 1942, molti critici le datarono come fuori moda, un po' provinciali, arcaiche. Allora imperava l'Ermetismo: al gusto del tempo non piaceva lo stile dimesso, quasi prosastico di Barolini, un dire schietto che assume talora un tono favolistico, spesso elegiaco, affettuoso e candido.
Negli anni Cinquanta, il poeta si trasferì a Croton-on-Hudson, presso New York, al seguito della moglie americana: lì adattò alla terra del Nuovo Mondo gli schemi che aveva applicato all'amato paesaggio veneto, mantenendo invariata la sua poetica, ma ammantandola della nostalgica dolcezza degli esuli.
Basta scorrere i titoli delle opere di questo poeta, nato nel 1910 e morto nel 1971, per rendersene conto: "La gaia gioventù", "Il meraviglioso giardino". C'è un'apertura positiva verso la realtà e il mondo.
Quando queste due opere furono pubblicate, una nel 1938 e l'altra nel 1942, molti critici le datarono come fuori moda, un po' provinciali, arcaiche. Allora imperava l'Ermetismo: al gusto del tempo non piaceva lo stile dimesso, quasi prosastico di Barolini, un dire schietto che assume talora un tono favolistico, spesso elegiaco, affettuoso e candido.
Negli anni Cinquanta, il poeta si trasferì a Croton-on-Hudson, presso New York, al seguito della moglie americana: lì adattò alla terra del Nuovo Mondo gli schemi che aveva applicato all'amato paesaggio veneto, mantenendo invariata la sua poetica, ma ammantandola della nostalgica dolcezza degli esuli.
Desolati alfabeti di fuoco
si esprimono in silenzio
come lampare nell'acqua
tra invisibili reti.
Ritorna il grido monotono dei giornalai,
lo stridio dei tram,
scoppi di scintille
e strepere di cartelli
sul nodo aereo dei fili,
al soffio d'un vento che promette
il primo temporale d'estate.
da Il veliero sommerso, 1949
L'ERBA FALCIATA
Il profumo dell'erba falciata
rende acre il tuo sapore, vita,
e accende sul prato la giovinetta
che trema e, nell'aria d'amore,
apre le braccia
e dischiude la faccia
alla bellezza del rossore.
O colomba di un cielo immacolato.
PALLACANESTRO
L’intreccio delle braccia
ricama l’aria
divaria
in salti silenziosi.
Il pavimento
geme
e i passi
sono tonfi di sassi in acqua.
L’applauso scoppia.
Occhi,
sui denti, di fuoco.
Azzurri e bianchi
i colori del gioco.
da Elegie di Croton, 1959
Scorcio di Croton-on Hudson, NY
Foto: Crotonblog.com
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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni cosa a ognuno accade precisamente, precisamente ora. Secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell'aria, sulla terra e sul mare, e tutto ciò che realmente accade, accade a me...
JORGE LUIS BORGES, Il giardino dei sentieri che si biforcano, in "Finzioni"
Antonio Barolini (Vicenza, 29 maggio 1910 – Roma, 21 gennaio 1971), scrittore, poeta e giornalista italiano. Noto soprattutto come narratore, ha però svolto una singolare attività poetica nella quale si trovano i tratti fondamentali della sua personalità: dalla visione della vita, di un cattolicesimo alacre, evangelico, alla preferenza per un discorso affabile, colloquiale.
commenate pallacanestro
RispondiEliminaNon c'è molto da commentare: Barolini viveva negli Stati Uniti, è il periodo di "Happy Days", la fine degli Anni '50. L'atmosfera è quella che si può respirare in quel telefilm. Il palazzetto dove il poeta si trova è quello di una tipica scuola locale, un liceo o un college, e descrive la partita che si svolge: usa immagini suggestive, dal ricamo disegnato dalle braccia degli atleti che si muovono nell'aria, al rumore delle scarpe da basket sul parquet, che sembra emettere gemiti; così i salti dei cestisti gli ricordano il suono di un sasso che cade nell'acqua di un fiume o di uno stagno. Barolini segue gli sguardi vivi e attenti dei giocatori, sembrano pieni di fuoco - il furore agonistico - sui denti bianchi. E le divise azzurre di una squadra e quelle bianche dell'altra completano il quadro.
RispondiEliminaComplimeti veramente un ottimo commento<>mi è servito grazie
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