RAFFAELE CARRIERI
PAESI BIANCHI
In testa ho paesi bianchi
E scale a chiocciola.
In testa ho clarini che volano
Più veloci delle rondini
Che tornano dall'Egitto.
E occhi lunghi come barche
Come le barche che vincono
Il campionato dei fiumi.
Ho voci che mi chiamano
In idiomi che non capisco.
Mi chiamano laggiù dalle isole
E mi gettano ponti d'amore.
Ponti di giunco e di piuma
Ho in testa dove passeggiano
I figli dei miei figli
E mia madre è ancora giovane.
In testa ho paesaggi vermigli
Con grandi giocattoli gialli.
In testa ho un cielo aperto
Con angeli a cavallo.
(da La civetta, 1949)
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Un incanto fantastico, un luogo utopico che è un miscuglio di passato e futuro, dove il presente è la poesia che – sola – può tratteggiare almeno in parte questi immaginari “paesi bianchi”, la Magna Grecia tarantina della memoria, il retaggio atavico, i paesaggi scolpiti nel cuore di Raffaele Carrieri.
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LOCOROTONDO - FOTOGRAFIA © FLORIN KOZMA/UNSPLASH
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LA FRASE DEL GIORNO
Chi è passato prima di me / Di me ha lasciato orma.
RAFFAELE CARRIERI, Lamento del gabelliere
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