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giovedì 7 settembre 2017

Una volta


KIKÍ DIMULÀ

FOTOGRAFIA 1948

Tengo in mano un fiore, forse.
Strano.
Sembra che nella mia vita
sia passato un giardino, una volta.

Nell’altra mano
tengo un sasso.
Con grazia e fierezza.
Nessun sospetto
che mi si avverta di mutamenti,
che stia saggiando difese.
Sembra che nella mia vita
sia passata l’ignoranza, una volta.

Sorrido.
La curva del sorriso,
il cavo di questa inclinazione,
assomiglia a un arco ben teso,
pronto.
Sembra che nella mia vita
sia passato un bersaglio, una volta.

Lo sguardo immerso
nel peccato originale:
assaggia il frutto
proibito dell’attesa.
Sembra che nella mia vita
sia passata la fede, una volta.

La mia ombra, solo un gioco del sole.
Indossa una divisa d’esitazione.
Non ha ancora fatto in tempo a essere
mia compagna o mia delatrice.
Sembra che nella mia vita
sia passata l’abbondanza, una volta.

Tu non appari.
Ma se c’è una forma nel paesaggio
se mi sono fermata sul suo bordo
tenendo un fiore in mano
e sorridendo,
significa che che fra un po’ verrai.
Sembra che nella mia vita
sia passata la vita, una volta.

(Φωτογραφία 1948, da La piccolezza del mondo, 1971 – Trad. Filippomaria Pontani)

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La poetessa greca Kikí Dimulà ricostruisce la sua vita a partire da una fotografia di lei adolescente: sembra non riconoscersi, sembra non ravvisare in quella ragazza i temi che avrebbe poi sviluppato: l’insicurezza, l’assenza, l’oblio. Curiosamente, quegli oggetti che regge, quelle espressioni sono testimonianza di future assenze, mentre l’assenza nella strofa finale lascia presagire una futura presenza.

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FOTOGRAFIA © ACHROMATOPSIA

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho scelto di respirare? Era mia la scelta di respirare, come fa la poesia, attraverso narice piene di malinconia?
KIKÍ DIMULÁ




Vasiliki “Kikí” Dimulà nata Radou (Atene, 19 giugno 1931), poetessa greca. Impiegata a lungo presso il Banco di Grecia, fu ammessa all’Accademia di Atene nel 2002. La sua poesia tratta l’assenza, la perdita, la società, la solitudine e il tempo con la personalizzazione di concetti astratti e l’uso insolito di parole comuni, spesso con un velo di amara ironia.

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