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venerdì 24 marzo 2017

Semplici domande

 

JORGE TEILLIER

LETTERA A MARIANA

Che film ti piacerebbe vedere?
Che canzone vorresti ascoltare?
Stasera non ho nessuno
A cui porre queste domande.

Mi scrivi da una città che detesti
Alle nove e mezza di sera.
Certo, io stavo bevendo,
Mentre tu ascoltavi Bach pensando di volare.

Non pensavo che ti avrei ricordato
Non credevo che ti saresti ricordata di me.
Perché mi hai scritto questa lettera?
Non posso andare da solo al cinema.

È certo che faremo l’amore
E lo faremo come piace a me:
Un giorno intero di persiane chiuse
Finché il tuo corpo rimpiazzerà il sole.

Ricordati che il mio segno è Cancro,
Piccola Acquario, salice piangente.
Leggeremo libri di astrologia
Per inventare nuove superstizioni.

Mi scrivi che prenderemo una casa
Anche se io ho perduto tante case.
Anche se tu pensi tanto a volare
E io bevo troppo con gli amici.

Ma tu non torni dalla città che detesti
E stai con chissà quale cattiva compagnia,
Mentre qui ci sono troppe poche persone
A cui porre queste semplici domande:

“Che canzone vorresti ascoltare?
Che film ti piacerebbe vedere?
E con chi vorresti sognare
Dopo le nove e mezza di sera
?”.

(da Per un paese fantasma, 1978)

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Nei versi di Jorge Teillier, cileno, esponente della poesia larica, cioè degli antenati, della teorizzazione del passato come un arcadico paradiso perduto, c’è sempre un’esaltazione della memoria. Qui, in questi versi d’amore, quel sapore di ricordo si tramuta in un gusto gozzaniano, in un’apologia dell’avrei potuto, del sarebbe potuto accadere, del come sarebbe stato, con la consapevolezza che quel territorio – come la strada non presa di Robert Frost – è altrettanto perduto quanto il passato.

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JACK VETTRIANO, “HEARTBREAK HOTEL”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non amo che le rose / che non colsi. Non amo che le cose / che potevano essere e non sono / state…
GUIDO GOZZANO



Jorge Teillier Sandoval (Lautaro, 24 giugno 1935 - Viña del Mar, 22 aprile 1996), poeta cileno della “Generazione letteraria dei ‘50”, creatore della “poesia larica”. Per lui l’importante in poesia non è l’estetica, ma la creazione del mito e di uno spazio di tempo che trascende il quotidiano.


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