PÀNOS SPÀLAS
SALUTO
Ho alzato il cappello e ho salutato l’Estate,
sulle labbra ho baciato un acceso papavero
e ho atteso che passasse il corteggio delle camomille.
Un uccello fora una nuvoletta per passare,
un ragno stende al sole la sua biancheria
e una mola gira la mia voce
che il fiume rapisce per portarla al mare.
Con l’albero con cui mi sono piantato
stendo le braccia ed apro il petto
al vento e alla luce,
rotolo il sasso dove ho nascosto la voce di mia madre
e abbraccio la terra,
questa terra fatta per le mie radici.
Stasera ho parlato con il mio stanco bue,
col bue che arava tutto il giorno la terra,
calda terra rossa del mio corpo.
Ho cantato antiche canzoni
nel loro motivo udendo la mia voce di bimbo,
la mia voce che la mola filando
porta in un canto verso il mare.
(da Poesia greca contemporanea, Dall’Oglio, 1968 – Trad. di Cristino G. Sangiglio)
.
Questi versi del greco Pànos Spàlas, giornalista, poeta e studioso del folklore si vestono di un lirismo che ha il sapore di una canzone popolare, così come ne assumono anche i temi a partire da quell’immedesimazione con la natura, anzi con la terra natale, che si esprime nella nostalgia per le proprie radici e per un passato ormai definitivamente perduto: “In questa terra dove nacqui / sono venuto a trovare lo splendore dei miei occhi. / Sono venuto a trovare i miei occhi e a raccogliere / granello a granello la polvere del mio cuore”.
.
FOTOGRAFIA © HQWALLBASE
.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
LA FRASE DEL GIORNO
La patria è come la madre, della quale un figlio non può parlare come d’altra donna.
CARLO CATTANEO, Su la «Scienza nova» del Vico
Nessun commento:
Posta un commento