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lunedì 25 luglio 2016

È il ricordo

 

SILVIO RAMAT

(QUANTI ANNI)

Dàmmi una voce – dàmmi sulla voce.
Con paura te lo chiedo – con voglia.
Quanti anni, più sventati d’una foglia,
avuti e persi. Di là dalla soglia
concordata, dove saprò posarmi,
funzionano i tuoi guinzagli, le tue
amorose tagliole? Sullo sfondo
un me carponi s’affanna a schivarle:
ma non è te che fugge, non il taglio
del tuo laser onnivoro – è un bruciore
di spezieria, l’abbaglio del mortaio
che nel retrobottega pesta fino,
fino, da metter brividi. È il ricordo.

(da Per more, Croecetti, 2000)

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Il tempo che scorre inesorabile, virgilianamente irreparabile e lascia i suoi buchi. Il ricordo è quello che del tempo rimane, passato attraverso il tritacarne degli anni e della memoria: il critico e poeta Silvio Ramat prova con difficoltà a sottrarsi alla sua forza.

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Helmantel

DIPINTO DI HENK HELMANTEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Il solito dubbio: se ricordare o dimenticare, rompere i ponti col passato o scaldarselo in cuore come una serpe.
GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Silvio Ramat (Firenze, 2 ottobre 1939), poeta, saggista e critico letterario italiano. Da un’iniziale aderenza ai modi della poesia ermetica fiorentina, a poco a poco la parola tende, per sua stessa ammissione, a “fare entrare l’oggettività, laddove aveva dominato la soggettività”, privilegiando i temi generali di ogni poesia (il tempo inesorabile, il sogno, la solitudine, la memoria come ispiratrice del futuro).



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