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venerdì 12 febbraio 2016

Aspetto l’autobus

 

KO UN

C’È CHI DICE DI AVERE RICORDI

C’è chi dice di avere ricordi di mille anni fa
E chi dice di aver già visitato i mille anni del futuro
In una giornata ventosa
Io aspetto l’autobus

(da Fiori d'un istante, 2001 - Traduzione di Vincenza D'Urso)

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“Chissà! Forse la contemporaneità guadagna di significato quando un essere umano ricolloca la propria vita dalla sfera privata a quella pubblica. È solo quando si stabilisce il contemporaneo come proprio spazio reale, che la contemporaneità – forse – può esistere. Si tratta di costruire, non di distruggere. Di conseguenza, si tratta di vivere, non di lasciarsi vivere”: il poeta sudcoreano Ko Un scrisse queste parole in occasione di un premio assegnatoli a Pescara nel 2014. Quello che risalta anche da questa brevissima poesia – come molte delle sue, delle stilettate, delle frecce che lacerano l’aria: la contemporaneità, la quotidianità nostalgica in cui tutti quanti siamo immersi.

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Collard

DAVID COLLARD, “WAITING FOR THE TRAIN”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il presente che definiamo contemporaneità è un lungo, lunghissimo periodo di transizione tra il passato e il futuro, e in quanto tale subisce sempre l’influenza di ciò che ha davanti e di ciò che si lascia alle spalle, dei ricordi e dei sogni.
KO UN




Ko UnKo Un (Kunsan, 1° agosto 1933), è il massimo poeta sudcoreano del XX secolo. Monaco buddista, tornò allo stato laicale disgustato dalla corruzione del clero. Prese parte alla lotta per i diritti umani nel suo paese negli anni del regime militare, finendo anche in carcere. Sposatosi nel 1983, la sua vita si fece più tranquilla. È stato più volte candidato al Premio Nobel.

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