EDMOND ROSTAND
SONETTO DEI RE MAGI
Persero la stella, una sera; perché si perde
La stella? Per averla troppo guardata
I due re bianchi, saggi di Caldea
Tracciavano in terra cerchi con il bastone.
Facevano calcoli, si grattavano il mento
Ma la stella era sfuggita come sfugge un’idea
E questi uomini dall’anima assetata d’essere guidata
Piangevano, drizzando le tende di cotone.
Il povero Re nero, invece, disprezzato dagli altri
Si disse “Pensiamo alla sete che non è nostra,
bisogna comunque dare da bere agli animali”.
E, mentre teneva il manico del secchio,
Nell’umile cerchio di cielo dove bevevano i cammelli
Vide la stella d’oro, che danzava in silenzio.
(Sonnet des Rois Mages, da Panache et Tourment, 1918)
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Questa poesia di Edmond Rostand, celebre soprattutto per aver scritto il Cyrano de Bergerac, ricorda un po’ la storia del quarto mago Artabano, che arriva all’incontro con il Bambino Gesù ormai sul Calvario dopo aver percorso una lunga strada di virtù e di umiltà. Ed è proprio l’umiltà, che a dispetto delle enormi conoscenze dei due Magi bianchi, dipinti come saccenti e altezzosi, permette al mago di colore di ritrovare la stella nel riflesso di cielo nel secchio con cui con umana pietà abbevera i cammelli.
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IMMAGINE © HD WALLPAPERS TEAM
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LA FRASE DEL GIORNO
I re portano tesori / su cavalli bardati d'argento, / e i pastori a passo lento / ingenui cuori.
ANGIOLO SILVIO NOVARO
umana pietà...è perfetto.
RispondiEliminaciaoo Vania:)
è quello che dovrebbe contraddistinguere noi umani e invece...
RispondiEliminaCiao
D.