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lunedì 19 ottobre 2015

Una parola

 

ROBERTO JUARROZ

POESIA VERTICALE, 51

Un giorno troverò una parola
che penetri il tuo corpo e ti fecondi,
che si posi sul tuo seno
come una mano aperta e chiusa al tempo stesso.

Incontrerò una parola
che trattenga il tuo corpo e lo faccia girare,
che contenga il tuo corpo
e apra i tuoi occhi come un dio senza nubi
e usi la tua saliva
e ti pieghi le gambe.
Tu forse non la sentirai
o forse non la capirai.
Non è necessario.
Vagherà dentro di te come una ruota
fino a percorrerti da un estremo all’altro,
donna mia e non mia
e non si fermerà neanche quando tu morirai.

(51, da Poesía Vertical, 1958)

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“La mansione della parola, / al di là della piccola miseria / e della piccola dolcezza di designare questo o quello / è un atto d’amore: / creare presenza” scriveva il poeta argentino Roberto Juarroz. E se “ci sono parole che non diciamo / e poniamo senza dirle nelle cose” ve ne è una in grado di salvarci, come questa capace di fecondare, di avvolgere, di riempire, di percorrere un intero corpo e di sopravvivere nello spirito.

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Ortiz

DIPINTO DI OMAR ORTIZ

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LA FRASE DEL GIORNO
La parola è l’unico uccello / che può essere uguale alla sua assenza
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ROBERTO JUARROZ, Tercera poesía vertical




Roberto Juarroz (Coronel Dorrego, 5 ottobre 1925 – Buenos Aires, 31 marzo 1995), poeta, saggista e bibliotecario argentino. La sua opera, salvo le prime Sei poesie scelte del 1960 è riunita con il titolo unico di Poesia verticale. Varia solo il numero d'ordine, da raccolta a raccolta, fino alla quattordicesima, uscita postuma nel 1997.


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