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martedì 13 ottobre 2015

Quando il bambino era bambino

 

PETER HANDKE

ELOGIO DELL’INFANZIA

Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.

Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.

Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.

Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.

Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.

Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.

Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.

(Lied vom Kindsein, dalla sceneggiatura di Il cielo sopra Berlino, 1987)

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Un altro elogio dell’infanzia, dopo quelli di Cesare Pavese, Guido GozzanoMario Gori e Colette Nys-Mazure: lo scrittore e poeta austriaco Peter Handke (Griffen, 1942), in questo testo inserito nel film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino,traccia la linea di demarcazione tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, ma anche tra il bambino e l’adulto che è poi diventato. Non è un confine invalicabile: talora – più spesso di quanto si creda – si riesce a ritornare in quel territorio, a dispetto del tempo che è passato.

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Song of Childhood

EGRAPHIC, “SONG OF CHILDHOOD VII”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ultimo dono dell'avara infanzia, / questo: giocare
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SERGIO SOLMI, Fine di stagione




Peter Handke (Griffen, 6 dicembre 1942) è uno scrittore, drammaturgo, saggista, poeta, reporter di viaggio, sceneggiatore e regista austriaco. È stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura 2019 “per un lavoro influente che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell'esperienza umana”.


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