DANTE ALIGHIERI
O VOI CHE PER LA VIA
O voi, che per la via d’Amor passate,
attendete e guardate
s’elli è dolore alcun, quanto ‘l mio, grave;
e prego sol ch’audir mi sofferiate,
e poi imaginate
s’io son d’ogni tormento ostale e chiave.
Amor, non già per mia poca bontate,
ma per sua nobiltate,
mi pose in vita sì dolce e soave,
ch’io mi sentia dir dietro spesse fiate:
«Deo, per qual dignitate
così leggiadro questi lo core have?»
Or ho perduta tutta mia baldanza,
che si movea d’amoroso tesoro;
ond’io pover dimoro,
in guisa che di dir mi ven dottanza.
Sì che volendo far come coloro
che per vergogna celan lor mancanza,
di fuor mostro allegranza,
e dentro dallo core struggo e ploro.
(da Vita nuova, 1295)
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Ci tocca. Cade in questo mese il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri. Una data del tutto fittizia, in quanto desunta da versi della Divina Commedia: se il 1265 è certo, sapendo che intraprese quel viaggio poetico il venerdì santo del 1300, considerando che nel Medioevo si riteneva di settant’anni l’età media e che Dante stesso chiosò nell’incipit “Nel mezzo del cammin di nostra vita” e che fu comunque battezzato con tutti i nati dell’anno precedente il 27 marzo 1266, ecco stabilito l’anno. Incerto il giorno, ma nel XXII canto del Paradiso, il Divino Poeta “confessa” di essere nato sotto il segno dei Gemelli: “O gloriose stelle, o lume pregno / di gran virtù, dal quale io riconosco / tutto, qual che si sia, il mio ingegno, / con voi nasceva”, quindi tra il 21 maggio e il 21 giugno.
Che dire? Che probabilmente il fatto di essere stati costretti a studiare la Divina Commedia a scuola per lunghi anni non è stato uno sprone per amare il padre Dante. Eppure, a distanza di anni, rileggere i suoi endecasillabi, le sue terzine, ci fa riconoscere la sua grandezza, la sua costruzione misteriosamente medioevale eppure di una modernità insospettabile, come ricorda anche Giorgio Manganelli: “Credo che tutti i lettori di Dante siano in qualche modo viziati dalla giovanile lettura parcellare imposta dalla scuola. (…) Dante è un enigmatico, e almeno una volta accettiamolo per quel che è. Ha i suoi motivi per non farsi capire subito, e qualche volta per essere assolutamente impenetrabile. È una corsa stremante tra luci e tenebre, stelle, lune, soli, misteriosi frammenti di edifici regali e sacri, con mutile, occulte scritte. Il percorso è talora nitido, geometrico; talora è paludoso, è uno strisciar tra cunicoli ed antri. Non capire è importante”.
Leggiamo, allora, i versi del padre della lingua italiana (lo so che sembra ostico l’antico idioma, ma su, un po’ di sforzo!, almeno quello che applichiamo per sproloquiare in inglese anche quando neppure ci serve). È un sonetto doppio o rinterzato, ovvero caratterizzato dalla presenza di alcuni settenari che prende origine da una frase del profeta Geremia –O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus – ed esorta a commiserare la sorte di chi amava e ha perduto la dolcezza dell’amore, la sua ricchezza, diventando albergo (ostale) e custode (chiave) del dolore, arrivando per pudore o timore (dottanza) neppure a manifestare questo suo tormento interiore, ma a rimanere come dietro una maschera, mostrando allegro il viso e piangendo (ploro) in cuore.
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HENRY HOLIDAY, “DANTE INCONTRA BEATRICE AL PONTE SANTA TRINITA”
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LA FRASE DEL GIORNO
Amor sì dolce mi si fa sentire, / che s'io allora non perdessi ardire, / farei parlando innamorar la gente.
DANTE ALIGHIERI, Vita nuova
Durante di Alighiero degli Alighieri, noto con il solo nome Dante (Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 – Ravenna, 14 settembre 1321), poeta italiano. Considerato il padre della lingua italiana, è universalmente noto per la Divina Commedia, espressione della cultura medievale. Spaziò all'interno dello scibile umano, segnando profondamente la letteratura italiana e la cultura occidentale, tanto da essere soprannominato il "Sommo Poeta".
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