MARTÍN LÓPEZ-VEGA
CAFFÈ GOTICO
Via della Stelletta
Sono un animale propenso all’elegia. Deve esistere
qualche tassonomia che mi classifichi. Ecco qui
il mantra del Pantheon silenzioso da secoli,
ecco le palme felici del Gianicolo,
ecco l’oro dell’autunno romano. Ho ancora nel corpo
lo sguardo della donna di ieri al Caffè Gotico
come un invito a scambiarci
le generalità animali. Il tempo è un coltello
e taglia l’aria del giorno, ne ricava un’altra città:
io e te nello stesso posto. L’elegia comincia.
Venivamo da Via dei Portoghesi,
il cuore aperto senza anestesia.
Tante cose sono cambiate da allora.
Si è congelata l’acqua nelle fontane,
si è scongelata e ha ripreso a sgorgare, sporca.
Ora ho tutto quello che voglio. Ma anche
qualcosa che non voglio e che mi insegue:
trattengo in me tutto quel che non ho più.
Sono solo quello che non sarò mai più.
(da Gajos, 2007)
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Martín López-Vega, poeta asturiano, ha tra i suoi modelli il Nobel russo Iosif Brodskij, e un po’ dell’atmosfera delle sue Elegie romane appare anche in questi versi che raccontano un incontro fortuito al Caffè Gotico e poi divagano sul ricordo e su considerazioni sullo scorrere del tempo. Ma come in Brodskij la protagonista finisce con l’essere la città, che risalta dallo sfondo come in quelle cartoline a rilievo che esistevano un tempo.
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TONY BELOBRAJDIC, “ROME CAFÉ”
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LA FRASE DEL GIORNO
Solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma.
JOHANN WOLFGANG GOETHE, Viaggio in Italia
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