SAMUIL JAKOVLEVIČ MARŠAK
DOPO LA FESTA
L'abete si rannuvola. Fa buio.
Le fiammelle scoppiettano spegnendosi,
e un altro abete attraverso la brina
guarda nella finestra il giardino nevoso.
Io vedo che la luna accende
i suoi aghi vestiti di neve
e, tutto infiammandosi, annuisce
al mio abete che si sta spegnendo.
Mi spiace che sugli aghi del mio abete,
la bufera non abbia sparso polvere,
che il vento non culli i suoi rami
distese come ali nere.
(da Poesia russa del Novecento, Feltrinelli – Traduzione di Angelo Maria Ripellino)
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Tra un pranzo e l’altro un po’ di poesia, perché no? E, soprattutto se leggete queste righe nel pomeriggio di Santo Stefano, comincia a serpeggiare quel senso di languore del dopo festa, la sindrome leopardiana: “Ecco è fuggito / il dì festivo ed al festivo il giorno / volgar succede”. C’è anche chi è lieto di essersi sbolognato Natale ed i suoi riti, pronto a rituffarsi nella normalità. Quella leggera malinconia, quel sottile malessere traspare invece in questi versi del poeta russo Samuil Jakovlevič Maršak.
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FOTOGRAFIA © THE SIMASEK-KIBLER PROJECT
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LA FRASE DEL GIORNO
Quando son festa e giochi tutto l’anno, passare il tempo solo negli svaghi è tanto uggioso quanto lavorare.
WILLIAM SHAKESPEARE, Enrico IV
...direi vivere le "cose/ore"....questa poesia.
RispondiEliminaciaoo Vania:)
giusto, vivere il tempo, quello che si fa nelle feste: riappropiarsi un po' della libertà delle ore
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