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giovedì 30 maggio 2013

La musa del nostro tempo

 

EUGENIO MONTALE

AL MARE (O QUASI)

L'ultima cicala stride
sulla scorza gialla dell'eucalipto
i bambini raccolgono pinòli
indispensabili per la galantina
un cane alano urla dall'inferriata
di una villa ormai disabitata
le ville furono costruite dai padri
ma i figli non le hanno volute
ci sarebbe spazio per centomila terremotati
di qui non si vede nemmeno la proda
se può chiamarsi così quell'ottanta per cento
ceduta in uso ai bagnini
e sarebbe eccessivo pretendervi
una pace alcionica
il mare è d'altronde infestato
mentre i rifiuti in totale
formano ondulate collinette plastiche
esaurite le siepi hanno avuto lo sfratto
i deliziosi figli della ruggine
gli scriccioli o reatini come spesso
li citano i poeti. E c'è anche qualche boccio
di magnolia l'etichetta di un pediatra
ma qui i bambini volano in bicicletta
e non hanno bisogno delle sue cure
Chi vuole respirare a grandi zaffate
la musa del nostro tempo la precarietà
può passare di qui senza affrettarsi
è il colpo secco quello che fa orrore
non già l'evanescenza il dolce afflato del nulla
Hic manebimus se vi piace non proprio
ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile
alla morte (e questa piace solo ai giovani).

(da Quaderno di quattro anni, Mondadori, 1977)

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Un’amara ironia pervade tutta questa tarda poesia di Eugenio Montale: attesta la precarietà del nostro tempo, il crollo di ogni valore ben rappresentato dal declino ambientale - già il titolo è una diminutio con quel “quasi” – dall’inquinamento, dall’abusivismo edilizio, dal degrado. Quello che rimane è quindi solo una parvenza di realtà, ben lontana ad esempio da quella dei tempi d’anteguerra, rievocati dal riferimento a D’Annunzio con la “pace alcionica”. Come recitano i versi di un’altra poesia di Quaderno di quattro anni, intitolata “L’educazione intellettuale”: “E passò molto tempo. / Tutto era poi mutato. Il mare stesso / s’era fatto peggiore. Non vedo ora / crudeli assalti al molo, non s’infiocca / più di vele, non è il tetto di nulla, / neppure di se stesso”. È un decadimento progressivo e inevitabile che porta al parossismo la celebre “teologia negativa” di Montale: è in questa scena da “day after” che siamo destinati a vivere.

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Lazzaro

WALTER LAZZARO, “SIESTA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non c’è stato / nulla, assolutamente nulla dietro di noi, / e nulla abbiamo disperatamente amato più di quel nulla
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EUGENIO MONTALE, Quaderno di quattro anni




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

4 commenti:

  1. Meno male che hai messo la spiegazione. Montale non è per niente nelle mie corde, non sono mai riuscita a capirlo...ma dà degli spunti davvero profondi!

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  2. ..è uno spaccato della nostra "società/vita"...bene ben descritto.

    ..alcune parole...incomprensibili per me...tipo..pace alcionica.

    ..la si legge con grande "fremito"..almeno io.

    ciaoo Vania:)

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  3. Montale indaga sull'esistenza e le conclusioni che trae sono negative. Ma l'indagine è poesia ed è vita, è una presa di contatto con il mondo. "Alcionico" è il riferimento all'Alcione, opera di D'Annunzio

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  4. Com'é triste questa poesia! Lo scenario é desolante, il luogo descritto lo immagino come uno dei tanti che ho conosciuto durante la mia infanzia: la costiera del casertano, con i suoi mostri architettonici, spiagge abbandonate e resti di rifiuti di ogni genere. Pero' (ma forse perché ne ho bisogno...) vi leggo anche una speranza! Quando Montale scrive: " le ville furono costruite dai padri
    ma i figli non le hanno volute" o anche-
    "E c'è anche qualche boccio
    di magnolia l'etichetta di un pediatra"
    ma qui i bambini volano in bicicletta
    e non hanno bisogno delle sue cure" - forse le giovani generazioni ...loro che non hanno paura della morte...del cambiamento...riusciranno a vedere la precarietà e cercare di porvi rimedio? (o forse é piu' facile per loro fuggire via lontano...)

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