ROBERTO JUARROZ
TREDICESIMA POESIA VERTICALE, 55
Talvolta dimentico l’amore,
come dimentico la mia mano.
Solo loro possono prendere il mondo
e mettermelo davanti
perché possa toccarlo,
ma non mi ricordano il suo compito.
Dimenticare l’amore e la mano
mi permette di ricordare le cose
e anche di ricordarmi.
Se invece dimenticassi tutto
non dimenticherei però
né la mia mano né l’amore.
Anche vivere è dimenticare che si vive.
E amare dimenticare che si ama.
(da Decimotercera poesía vertical, 1992)
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Il corpus poetico dell’argentino Roberto Juarroz è veramente un’unica opera portata avanti per tutta la vita, frammentata soltanto per esigenze editoriali in quattordici raccolte tutte con lo stesso titolo, Poesía vertical, e con le poesie semplicemente numerate. È un tentativo di dare nome ad ogni cosa, un po’ come l’Adamo della Genesi, per riformularne il compito, per comprenderne la funzione: “La mansione della parola / al di la della piccola miseria / e della piccola dolcezza di designare questo o quello / è un atto d’amore: / creare presenza”.
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DISEGNO DI M.C. ESCHER
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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia si scrive sempre, / la vita si vive sempre, / qualcosa ci tiene svegli sempre: / poesia – sempre. // Essere è la scrittura.
ROBERTO JUARROZ, Undécima poesía vertical
Roberto Juarroz (Coronel Dorrego, 5 ottobre 1925 – Buenos Aires, 31 marzo 1995), poeta, saggista e bibliotecario argentino. La sua opera, salvo le prime Sei poesie scelte del 1960 è riunita con il titolo unico di Poesia verticale. Varia solo il numero d'ordine, da raccolta a raccolta, fino alla quattordicesima, uscita postuma nel 1997.
..lo letta...vengo/verrò a rileggerla.
RispondiEliminae dirò qualcosa.:)
ciaooo Vania
...bellissimi i tre verbi citati....vivere, amare, dimenticare.
RispondiEliminaciaooo Vania:)
io preferisco: vivere, amare, ricordare
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