Molti ricorderanno il poeta Roberto Roversi, scomparso l’altro ieri a Bologna all’età di 89 anni, per la sua collaborazione con Lucio Dalla: suoi infatti sono i testi di tre album del cantautore bolognese, Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili – con la celeberrima “Nuvolari”. Sua è anche “Chiedi chi erano i Beatles” degli Stadio. Ma Roversi, autore molto discreto, schivo quasi, oltre che intellettuale di sinistra e libraio antiquario, fu uno dei fondatori, con Leonetti e Pasolini, della rivista Officina, baluardo ermetico alla ricerca di uno sperimentalismo funzionale contro il neorealismo e il neonovecentismo. La sua poesia non è facile, come ammise egli stesso a proposito di Dopo Campoformio, raccolta del 1962: “Non è dunque, e non vuol essere di proposito, un libro tenero, ben fatto, o nuovo, ma un libro d’opposizione, un libro di contrasto politico”. E, in un’intervista a Repubblica nel 2011, confermava questa sua funzione di poeta civile: “Ho cercato di essere il poeta che spiega a se stesso le ragioni che condizionano le scelte del tempo, e così le rende visibili agli altri. Scrivere delle mie rogne private non mi interessa.
FOTOGRAFIA © PENS
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da “DOPO CAMPOFORMIO”, 1962
DOPO LA TERRA
VII. CORROPOLI
Là il monte, laggiù è il mare:
il mare con le speranze strappate
a una barca che adagio s’avvicina.
Sui chioschi di benzina
cantano i tordi e volano nelle vallate
alle ragazze dal petto tremante
oh così dolcemente.
Quelle del mare, ardite fiere
contrastano, sono restie agli sguardi
maliziosi e azzannano
come i lupi di selva.
(Pace con voi, ragazze dell’Abruzzo,
una è sangue al mio cuore.)
A Corropoli fumano i camini,
gli alberi difendono le case
dove i topi imperversano e la razza
degli uomini passati consumò
nel rancore una vita vile.
Case per amori di monache,
per grida soffocate, per pugnali
cavati al frusciare di un uscio
o all’ombra di un cortile.
Ma strappa la tenda dal cielo
una donna accosciata nel vento,
canta un riso gentile;
palpita l’aria fatta azzurra
al lume dei suoi occhi
mentre con le mani in cui traluce l’osso
sceglie e vaglia il frumento.
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da “LE DESCRIZIONI IN ATTO”, 1970
DECIMA DESCRIZIONE IN ATTO, VI
Ieri in via Andegari scura e stretta, raffinata via che conduce a
una foresta di simboli scalcagnati, la moglie incontro incontrai ho
incontrato di un compagno fucilato.
Stormiscono le foglie della memoria.
Con una testa di capelli rossi, in quelle case sporche di
fango o
dell’ottusa avidità borghese la spalla modulata dolcemente suonava.
La sua giovinezza (incantava) ancora.
L’ora del giorno, incerta un poco colma
o piuttosto il luogo distaccato dai rimorsi, in una incerta
ombra, distaccata dalla buriana ossessiva,
la giuliva felice voce di addio ciao
o R. che (un attimo)… dimenticato, al mio cuore…
Si possono dimenticare i morti per sempre.
Leggeri andavamo a braccio
i suoi capelli di fiamma disse sono sposata ho due figli
neppure un ritratto più, mi puoi capire
una gran voglia di vivere
questa città fa impazzire.
La provincia fa morire.
A notte ancora nella sua casa, fra i figli e il marito
nella casa a mezz’aria
sui rami di un albero fortunato di cristallo, verde.
Baciò me sulla bocca
perfida, e dolcemente, vicino alla porta.
Tutto scomparso, assopito, scancellato, annegato,
visi di uomini trapassati sbiancavano in polvere
non era vero più niente.
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da “L’ITALIA SEPOLTA SOTTO LA NEVE”, 1989
LE TRENTA MISERIE D’ITALIA, XII
La miseria della misera Italia numero
dodici
la testa in fiamme la sterpaglia
della festa dei pensieri paglia che
avvampa brucia fra braci di fumo.
Si consumano notizie mescolate al ricordo
di vecchie età
l'armamentario sul carro della vita
in corsa
è spazio di fresca primavera.
Altrove polvere sollevata dall'auto nella
strada di campagna
odora di mele mentre il merlo s'allontana
stride forte a filo dell'erba lungo il mare
siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e
pini scavezzati dai venti secolari
camminano a terra.
Può la morte ordire il suo acuminato
massacro
ridurre in cenere il delfino
il vascello in fuoco
la sovrastante nuvola in ciclone e
travolgere la vita?
Il fervore trascinato in gorgo
l'esistente in un attimo è scomparso
giovinezza è il ricordo poi sull'occhio
chiuso
del cielo interminabile di tetti
e alla fine dimenticare la tomba
dei vecchi eroi?
Quante primavere gli uomini fuggitivi
abbandonano alle giovani ali che
arrivano portate dal garbino?
Si può considerare l'opportunità
di non rassegnarsi
bruciare il carro del vincitore
anche le nostre bandiere.
Per favore.
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da “LA PARTITA DI CALCIO”, 2001
LA PARTITA DI CALCIO, 57
DOVE I NEMICI DI UN TEMPO?
dove gli uomini dalle lunghe barbe con le alte spade
e gli occhi forano il cielo lanciando le fiamme?
Oggi erra l’ombra dei topi
fra le foglie che neanche l’autunno
chiama più con amore.
Dice il signor D’Aubigné sono queste le meraviglie?
Solo un vecchio può essere colpito al cuore
da un colpo di fucile?
Non abbiamo più nemici
siamo uomini spenti.
Che vita è questa?
Immanuel Kant muore
sospendiamo la partita dice il signor D’Aubigné
sospendiamo il gioco delle ombre
oggi sotto lo striscione d’arrivo cadiamo nell’eternità.
Chiedo alle rondini di tornare
se viene meno la speranza
sia chiara l’attesa
sia giusto l’ordine di migrare.
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LA FRASE DEL GIORNO
Prima che il mondo ci lasci (o ci abbandoni) / riuscirò a raccogliere qualche / frammento di parole.
ROBERTO ROVERSI, La partita di calcio
...non ho voglia di leggere....passo tomorrow..:))
RispondiEliminaciaoo Vania :)
...pensa te....non lo sapevo/conoscevo.
RispondiElimina...quindi una vita fatta anche di MOLTE Parole....e anche IMPORTANTI parole...formano la sua vita.
Ciaoo Vania
eh, sarebbe bello se i poeti fossero fermati per strada e riconosciuti come le veline o i calciatori o gli idioti della televisione... questo purtroppo non è il migliore dei mondi possibili
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