CAMILLO SBARBARO
VOZE, CHE SCIACQUI AL SOLE LA MISERIA
Voze, che sciacqui al sole la miseria
delle tue poche case, ammonticchiate
come pecore contro l'acquazzone;
e come stipo di riposti lini
sai di spigo, di sale come rete;
- nell'ombra dei tuoi vichi zampa il gallo
presuntuoso; gioca sulla soglia
il piccolo, con dietro il buio e il freddo
della cucina dove su ramaglie
una vecchia si china ad attizzare;
sulle terrazze splende il granoturco
o rosseggia la sorba; nel coltivi
strappati all'avarizia della roccia
i muretti s'ingobbano, si sbriciola
la zolla, cresce storto e nano il fico -
in te, Voze, m'imbatto nel bambino
che fui, nel triste bimbo che cercava
in terra mele mézze per becchime
buttate, tratto dall'oscuro sangue
a mordere ai rifiuti; nel cattivo celato dietro l'uscio
che godeva d'udirsi per la casa
chiamare da colei che lo crebbe
- e si torceva presso lui non visto,
la povera, le mani e supplicava
che s'andasse con pertiche alla gora.
Quando bevuto egli abbia ad ogni pozza
guasta,
più nessuno lo cerchi per la casa
vuota,
come in madre in te possa rifugiarsi.
Se l'occhio che restò duro per l'uomo
s'inteneriva ai volti della terra,
nella casa di allora che inchiodato
reca sull'uscio il ferro di cavallo
portafortuna,
sérbagli sopra i tetti la finestra
che beve al lapislazzulo laggiù
del mare, si disseta
alla polla perenne dell'ulivo,
Voze, soave nome che si scioglie
in bocca..
1921
(da Rimanenze, All'insegna del pesce d'oro, 1955)
Voze è un borgo che fa parte del comune ligure di Noli, a mezza costa. Camillo Sbarbaro ci torna nel 1921 e si commuove ricordando il periodo passato là – aveva sei anni e sua madre era morta da poco, ad allevare lui e la sorella Clelia ci pensa Maria, chiamata dal poeta Benedetta, la zia sedicenne: “Tua era in casa la sedia cattiva, il posto scomodo: preferenze cui sapevi sempre trovare disarmanti giustificazioni. Ti chiamavi Maria ma il nostro cuore ti chiamava Benedetta… Almeno tu ci resti viva finché viviamo, finché pensarti è inginocchiarci”. Sbarbaro ritrova i suoi ricordi, quei vecchi vicoli, quelle marachelle che combinava, possiamo davvero immaginarlo allora come lo ritrae l’amico Eugenio Montale: un bambino che costruisce barchette di carta e le affida a uno stagno fangoso. Quelle barchette, quelle poesie in questo giorno del 1921 seguono la rotta della memoria, lo stupore è quello della nostalgia, la lacrima che sfugge è per la buona zia, “come madre” in cui rifugiarsi.
Veduta di Noli © Alessandro Vecchi
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LA FRASE DEL GIORNO
È vecchio ciò che si è dimenticato. E quello che non si può dimenticare, è accaduto appena ieri. L'unità di misura non è il tempo, ma il valore. E la cosa che ha in assoluto più valore, divertente o triste che sia, è l'infanzia.
ERIC KÄSTNER, Als ich ein kleiner Junge war
Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure, 12 gennaio 1888 – Savona, 30 ottobre 1967), poeta, scrittore e aforista italiano. Nelle sue poesie seppe coniugare un’osservazione della natura e un’analisi anche introspettiva della psicologia umana con uno stile secco e acuto.
...commovente....e "presente".
RispondiEliminaciao Vania