“Se hai una storia, non è difficile raccontarla” scriveva Ernest Hemingway al suo editore Charles Scribner nel 1949. Scrivere è una delle cose più affascinanti del mondo, permette di mettere in ordine i propri pensieri, di realizzare le fantasie, di architettare mondi e universi, di viaggiare nel tempo. Consente di analizzare la realtà, di ordinarla o di scardinarla. Permette di porsi in contatto con se stessi, con la parte più profonda del nostro io. Ancora Hemingway in Vero all’alba, romanzo postumo: “Quando invento la verità, la rendo più vera di quanto lo sia realmente. È questa la differenza tra i buoni e i cattivi scrittori”. Papa era sicuramente un grande scrittore. In una lettera a un altro dei suoi editori, Arthur Mizener, spiega perché si scrive: “Io ritengo che fondamentalmente si scriva per due persone: per se stessi cercando di renderlo assolutamente perfetto, oppure se non perfetto, allora bellissimo. E poi si scrive per chi si ama che lei possa o no leggerlo e che lei sia o no viva”. Scrittura come atto d’amore, quindi. Anche se Roland Barthes nei Frammenti di un discorso amoroso lo contesta – ma non troppo - con parole più alte e meno comprensibili: “Saper che non si scrive per l’altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l’inizio della scrittura”.
Ma cosa serve per scrivere? Ancora Ernest Hemingway – un’ultima volta, lo giuro, poi passo a citare altri – in uno di suoi reportages di guerra: “Una concezione veramente seria dello scrivere è infatti una delle due cose assolutamente indispensabili. L'altra, purtroppo, è il talento”. Come già chiosava nel Don Chisciotte Miguel de Cervantes: “Non è coi capelli bianchi che si scrive, ma con l'intelletto, che suole perfezionarsi con gli anni”. E non mi sento di dare totalmente ragione a una delle Note azzurre di Carlo Dossi, quella segnata con il numero 1779: “Pensare col cuore e scrivere colla testa”. Qualche volta si deve scrivere anche con il cuore…
“Scrivo / ogni lettera è un germe / la memoria / rilancia le maree / e il suo mezzodì” recitano alcuni versi di Octavio Paz, Nobel messicano, in una poesia della raccolta Salamandra. E dunque la scrittura come seme piantato, come qualcosa che può originare altro, che può certamente indurre il pensiero di chi legge. Anche Italo Calvino: “Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto”, in Se una notte d’inverno un viaggiatore. Ma anche un modo di cogliere l’ineffabile, un tentativo di sorprenderlo, come Arthur Rimbaud e la sua Vierge folle: “Scrivevo dei silenzi, delle notti, annotavo l’inesprimibile. Fissavo delle vertigini”.
Scrivere per esprimere il proprio sentimento, per provare gioia nell’esprimerlo: Wislawa Szymborska parla della “gioia di scrivere, / il potere di perpetuare / la vendetta di una mano mortale”. Thomas Mann in Morte a Venezia dice che “La felicità dello scrittore è il pensiero che riesce a diventare completamente sentimento, è il sentimento che riesce a diventare completamente pensiero”. Non è facile, e il grande bardo William Shakespeare si rammarica – o finge di farlo, il volpone – nel diciassettesimo dei Sonetti: “Se potessi scrivere la bellezza dei tuoi occhi”. A me basterebbe scrivere la bellezza di questo verso…
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Dipinto di Mihai Criste
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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse).
DINO BUZZATI, In questo preciso momento
...bellissimo leggere.:)
RispondiEliminaciaoo Vania
bellissimo anche scrivere...
RispondiEliminaciao