EUGENIO MONTALE
IL SOGNO DEL PRIGIONIERO
Alba e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolìo dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia è oro,
la lanterna vinosa è focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel pâté
destinato agl'Iddii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dei torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.
(da La Bufera e altro, Mondadori, 1957)
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Un prigioniero in una cella. Vola con le ali degli uccelli fuori di lì: la sua speranza di libertà è affidata solo alla fantasia. E alla memoria, che attraverso un sogno d’amore, lo conduce via da quel tragico presente, verso un passato che trasforma in intimità domestica lo squallore della cella. Almeno fino a che i segni e i suoni di quel luogo non giungano a richiamare orribili strumenti di tortura e la sorte che attende. Solo l’abiura, la confessione, potrebbero essere la salvezza a scapito del mutarsi da vittima in carnefice.
Al di là dell’identificazione tentata dai critici con le vittime dei lager nazisti o delle purghe staliniane, la metafora in questi versi di Eugenio Montale, naturalmente, è quella della condizione umana, dell’oppressione che la società compie con i suoi condizionamenti, cui è difficile se non impossibile sfuggire. Questi sono dunque gli “Iddii pestilenziali” che esigono i loro banchetti – e si noti la presenza di termini legati alla cucina, dai girarrosti al buccellato, dalle noci al mestolo: la sorte è quella delle tarme schiacciate sul pavimento, l’unica illusoria via di fuga è quella del sogno che fa la luce cangiante dell’aurora simile a fruscianti sete di kimono.
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Fotografia © Gulag Museum
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LA FRASE DEL GIORNO
La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria.
KARL KRAUS, Pro domo et mundo
...molto bella la frase del giorno...credo che la Fantasia abbia salvato molte "Vite"...da tragiche situazioni...saperla usare "bene"...è una dote non da poco.
RispondiElimina...un Talento ...da sfruttare...un 'arma...alle volte ...anche per "uccidere".
ciao Vania
la fantasia è l'unica arma per evadere da una cella così come dalla vita
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