CHANTAL MAILLARD
SCONGIURO PER CAMMINARE IGNORANDO SE STESSI
Ho sempre creduto di andare avanti
un passo dietro l’altro per poi ricominciare,
ma non so perché, seguendo questo procedimento,
finivo sempre oltre il punto verso cui mi dirigevo.
Andare verso un uomo in linea retta
era il modo più sicuro di perderlo di vista:
correr verso un oggetto delizioso bastava
per aprire un vuoto proporzionale al suo fascino.
Se volevo toccare la neve in montagna,
e iniziavo l’ascesa, con lo sguardo alle cime,
mi ritrovavo a scendere per una valle fertile
con timidi ruscelli di ghiacciai.
E quando mi immergevo, per poi attraversare
a nuoto un qualche fiume, giungevo, inevitabilmente,
nel medesimo luogo da dove ero partita.
Fu doloroso percepire quanto di vero c’era
nelle parole del saggio Zenone;
non erano per me affatto un paradosso
piuttosto un’evidenza che dovevo accettare:
mai sarebbe stata tirata
la freccia che mirava al centro;
io mai sarei riuscita ad arrivare quindi
dove volgevo l’occhio o il desiderio.
Nemmeno ci riuscii seguendo
i consigli di un celebre filosofo portato in matematica:
né descrivendo un’ellittica breve,
né camminando a zig-zag o in circolo
cessavan di fuggire le cose cui anelavo,
vuotarsi tutti i luoghi e tutte le vetrine
oppure cancellarsi dalla mano
i possibili amanti o i destini.
Dovetti disperarmi. Dovetti perder la speranza.
E seppi che era un bene.
Provai a guardar di sbieco le cose e gli esseri che amavo,
entrar nel loro mondo senza nessun proposito.
Mi misi a camminare ignorando me stessa
e all’improvviso il mondo
si soffermò nella mia mano.
(da Incantesimi, 2001)
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Bella poesia questa della spagnola di origine belga Chantal Maillard, nata a Bruxelles nel 1951, poetessa specializzata in Filosofia e Religioni indiane. Ci dice di non preoccuparci troppo delle regole, di non costruire piani dettagliati da seguire, di non ragionare semplicemente per schemi, ma di affidarci al carpe diem, alla creatività, di osservare la realtà da un punto di vista differente. Altrimenti le nostre vite si infilano in un labirinto da cui non si riesce a uscire, come dal celebre paradosso di Zenone, quello della freccia, che confuta i concetti di continuità e di movimento dividendo all’infinito spazio e tempo: la freccia che si dirige verso il bersaglio in realtà è ferma, occupando lo spazio della sua lunghezza in ogni singolo istante. Se la nostra vita è quella freccia, non riusciremo mai a muoverla: ma se saltiamo la logica e spostiamo la nostra visione, allora la vedremo correre veloce verso il bersaglio.
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Dipinto di Rob Gonsalves
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LA FRASE DEL GIORNO
Succede con le poesie: / finiscon per condensarsi le forme / nei nostri occhi come il vapore / su di un vetro gelato; / le forme, e le ferite.
CHANTAL MAILLARD, Uccidere Platone
ero così...
RispondiEliminace ne ho messo di tempo per capirlo!!
ma l'hai capito... è questo che conta, è la soluzione.
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